| Interessantissimo scambio Antonio, Samuele e Cittadino. Grazie per le vostre osservazione.
Questa mattina un amico appassionato a codeste questione chiamiamole pure esoteriche mi scrive. Loro credono, come un po' sappiamo ormai bene, che il mondo degli umani sia divisa in tre -chiamiamole così- razze. Gli illici che non comprendono niente, gli psichici che hanno una psiche e i maestri che hanno psiche e anima. La maggior parte delle persone sono illiche e per questo possono anche morire male o essere sacrificate. Già qui si vede come una credenza, vera o presunta che sia non ci interessa minimamente in questo forum, diviene un'ARMA operativa per motivare i soldati o i funzionari di alcune forze speciali a compiere atti senza alcuna remore. Se ti insegnano che tu fai parte di una élite creta da esseri ultraterreni per dominare sugli altri umani, che non hanno nemmeno una psiche, poi forse ti sarà più facile premere un bottone di una bomba in una stazione ad agosto o sparare a della povera gente in giro per il mondo. Abbiamo anche visto (spero di recuperarvi il link della lunga disamina) le origini della famiglia BEVILACQUA, in particolare. Maestri d'armi e ingegneri idrici per i Gonzaga, appartenuti a diverse confraternite estremamente potenti e settarie, con tanto di palazzi e raffigurazioni esoteriche delle stesse antiche scritture.
https://it.wikipedia.org/wiki/Bevilacqua_(famiglia) www.treccani.it/enciclopedia/bevil...ia-Italiana%29/
Ebbene, giusto per ipotesi, torniamo indietro e pensiamo un attimo, immedesimandosi, negli operatori che -o perché spinti da vera passione esoterica, o perché usano l'esoterismo per raggiungere i loro fini, indifferentemente- devono realizzare la strategia della tensione e del mostro di Firenze, e altri. Come CAPMPIONE abbiamo Bevilacqua, una discendenza nobile e sicuramente massonica e templare, cosa può esserci di meglio. Vediamo gli altri.
VIGNA: Un altro soggetto che sembra essere stato scelto fin da ragazzo è il procuratore (che conta). Al liceo lo chiamavano già granduca, e la citazione di Filastò di Nostradamus mette i brividi. Attenzione: non stiamo dicendo di credere alle profezie di Nostradamus ma che qualcuno che ci possa credere o che dica di crederci se ne sia fatto influenzare per stabilire i ruoli.
"Q.33 La fazione crudele dalla veste lunga, Sotto nasconderà acuminati pugnali: Il duca prenderà Firenze e il luogo dalla doppia fiamma, La sua scoperta da immaturi e bighelloni." Per quanto riguarda il significato esoterico, quasi una firma nel nostro caso, della vigna, ovvero della vite, basterebbe ricordare la povera Pettini. Altrimenti si può vedere un link a caso che esce sulla questione, ampiamente dibattuta e di dominio pubblico. www.simbolisulweb.it/piante/la-vit...icato-profondo/ https://spondediboscomadre.com/2019/09/17/...orte-rinascita/ www.cavernacosmica.com/significato-vite/ www.fuocosacro.com/pagine/gnosticismo/la%20vite.htm etcetra
VIGILANTI Forse il nome più interessante, da un punto di vista storico ed esoterico.
I Grigori (dal greco oi gregoroi, οι Γρήγοροι, «vigilanti», «custodi» o «guardiani») è un termine utilizzato in alcune opere della letteratura giudaica per indicare alcuni tipi di angeli. In Ebraico essi sono chiamati Irin. Nel Libro di Enoch e nei Giubilei (due Apocrifi dell'Antico Testamento) il termine indica un gruppo di angeli caduti che si sarebbero accoppiati con donne mortali, dando origine a una razza di ibridi nota come Nephilim, descritti come «giganti», in Genesi 6,1-4[1] o come «eroi caduti da secoli» in Ezechiele 32,27[2].
Nel Libro di Enoch, i Guardiani sono angeli inviati in apparenza sulla Terra semplicemente per sorvegliare la gente. Essi presero subito a nutrire concupiscenza per le donne che vedevano e, su incoraggiamento del loro capo Semeyaza, disertarono in massa per sposarsi e vivere fra gli uomini. I Grigori assommavano a 200 ma sono ricordati solo i nomi dei loro principali esponenti: Semeyaza, che fu il loro capo, Urakabaramil, Akibeel, Tamiel, Ramuel, Dânêl, Chazaqiel (Ezekiel), Saraknyal, Asael, Armers, Batraal, Anane, Zavebe, Samsavil, Ertael, Turel, Yomyael, Azazyel (noto anche come Azazel): «questi sono i prefetti dei duecento angeli, e i restanti erano tutti con costoro» (Enoch 7:9). I figli nati da queste relazioni sono i Nefilim (nĕfîlîm), giganti selvaggi che misero a soqquadro la Terra e angariarono l'umanità. Semeyaza, Azazel e altri ancora fra loro divennero corrotti e insegnarono ai loro ospiti umani a fabbricare armi metalliche, cosmetici e altri prodotti tipici della civiltà, che essi avevano sviluppato. Ma la gente cominciò a morire e a invocare aiuto dal Cielo. Dio inviò allora il Diluvio Universale per liberare la Terra dai Nephilim, inviando tuttavia Uriel ad avvertire Noè così da non far perire l'intera razza umana. I Grigori furono confinati nelle "valli della Terra" fino al giorno del Giudizio Universale. (Si veda Giuda 1:6) La storia dei Guardiani in Enoch è stata collegata con Gen. 6:1-4, in cui si descrive l'"Origine dei Nephilim" e si ricordano i "figli di Dio" che li generarono: «Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». C'erano sulla terra i giganti (Nephilim) a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi.» (Gen. 6:1-4 [5]) Mentre i primi scrittori cristiani, seguendo l'interpretazione giudaica del tempo, interpretano questi "figli di Dio" come angeli decaduti, i padri della Chiesa hanno interpretato i "figli di Dio" come la discendenza di Seth (si ricordi che l'autore ritiene che Micheal Aquino fondatore del Tempio di Seth sia uno degli ispiratori della saga) e le "figlie degli uomini" come la discendenza di Caino. L'esegesi moderna vede in questo brano l'utilizzo di una leggenda popolare sui giganti, senza pronunciarsi sul suo valore, come esempio della perversità crescente che sta per motivare il diluvio. [6]
Chi meglio di un "VIGILANTI" per far da Scout al nostro campione? Andiamo avanti.
PERUGINI Avrebbe dovuto far strano questo nome anche solo dopo l'omicidio Narducci. Proprio lo sbirro venuto da Quantico e che trova il proiettile falso di pacciani nel suo orto si chiama come la città assolutamente e misteriosamente più legata alla vicenda. Certo, preso da solo questo elemento non varrebbe granché. Ma messo assieme a tutti gli altri..
Famiglia romana, originaria dell'Umbria, di antica e nobile tradizione, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. La cognominizzazione è anteriore al XVI secolo e deriva dal toponimo Perugia. I nomi dei Perugini sono prevalentemente ricordati in testi, atti notarili e contratti di vendita di terre e case fin da tempi assai remoti, dai quale appare che erano di condizione agiata e nobile. Un Antonio de' Perugini, maestro di campo in Bari, fiorì nella seconda metà del XVI secolo, la carica era venale, ossia ricevibile e cedibile liberamente, per conseguenza i rampolli dell'alta aristocrazia potevano accedere al grado ad un'età assai precoce e trovarsi, quindi, in buona posizione per ambire per anzianità ai gradi superiori. Un Francesco fu canonico in Roma nel XVII secolo; un Giovanni fu notaio in Firenze nel medesimo periodo. Questa famiglia, a dir dell'Amayden, era sicuramente comprese tra quelle raccolte nel Libro d'oro del Campidoglio. ...
Veniamo ora, per concludere l'analisi, all'altra parte della banda. il primo che ho cercato, con pochi risultati, è
PACCIANI Potrebbe derivare da Pacciano che è anche una località ma come sempre credo che la cosa più interessante sia il significato più plausibile del cognome. Pacciani dovrebbe derivare da Pacchiano:
agg. e s. m. (f. -a) [voce merid., di etimo incerto]. – 1. s. m., merid. Contadino, villano; per lo più al femm., contadina nelle vesti tradizionali, colorate e vistose. 2. agg. Per estens., nell’uso com., privo di buon gusto e di stile, vistoso, grossolano: un individuo p.; un vestito, un arredamento p.; una decorazione pacchiana. ◆ Dim. pacchianòtto, soprattutto come s. m. (f. -a). ◆ Avv. pacchianaménte, in modo pacchiano, con vistosità grossolana: una villa pacchianamente arredata.
Un contadino che si chiama Contadino anche di cognome. Un po' come Indovino che faceva l'indovino, dico bene?
Quel che Dante chiamerebbe la Gente Grossa che non può capire quando vede Satana.
Cerchiamo di capire meglio queste strofe:
Io levai li occhi e credetti vedere Lucifero com’io l’avea lasciato, e vidili le gambe in sù tenere; 90
e s’io divenni allora travagliato, la gente grossa il pensi, che non vede qual è quel punto ch’io avea passato.
Wiki la spiega così: Il Lucifero dantesco non interagisce minimamente con i due pellegrini, isolato nella sua inarrivabile solitudine. Durante la descrizione i due poeti si sono avvicinati fino ad arrivare al cospetto di Satana e Virgilio invita allora Dante a reggersi al suo collo e con un salto, quando le ali sono aperte in posizione favorevole, si appiglia al busto peloso del demonio e inizia a scendere di vello in vello. Arrivati al punto dove le cosce si attaccano alle anche (cioè nella zona del bacino), Virgilio, con fatica e con angoscia, si rigira volgendo la testa dove aveva i piedi e ricominciando a salire. Dante crede allora di tornare verso l'Inferno, ma, mentre il maestro gli intima di reggersi forte perché quelle sono le uniche scale per allontanarsi da tanto male, essi hanno sorpassato il centro della terra e sono entrati nell'emisfero australe, cosicché la gravità è inversa e la direzione verso la quale prima si scendeva ora è in salita. Questa scalata tramite il principio del male può anche essere letta in senso allegorico, quale condizione necessaria di conoscenza totale prima di ascendere alla purificazione del Purgatorio. Quindi Virgilio esce attraverso il foro di una roccia e mette lì Dante a sedere sull'orlo; successivamente dirige verso Dante il suo passo accorto, probabilmente da intendere come il salto che il maestro compie "accortamente" dal vello luciferino al punto d'appoggio roccioso. Alzando gli occhi Dante vede con sorpresa le gambe di Lucifero capovolte, ma gli ignoranti (la gente grossa) che non hanno capito il punto da lui attraversato forse lo penserebbero anche preoccupato, secondo quanto scrive il poeta stesso. Virgilio incita Dante a ripartire subito, che la via è lunga e 'l cammino è malvagio (cioè difficile) e che è la mezza della terza (cioè la metà della terza parte del giorno tra le 6 e le 9 di mattina, quindi le 7,30 circa); il passaggio non era infatti un salotto (camminata, da camino) di palazzo, ma una caverna (burella) naturale, con il suolo irto e l'illuminazione fioca e disagevole.
Questa cosa che secondo loro la gente grossa, i contadini e gli ignoranti, non possono comprendere la complessità e ambivalenza del messaggio esoterico la potrebbe spiegare Razihell meglio di me. In ogni caso la gente grossa sono i capri espiatori designati da centinaia di anni, gente che può essere utilizzata perché credono da aver intuito qualcosa dei messaggi ma invece sono impossibilitati dalla loro condizione innata. In questo senso, secondo me anche alcune vittime del mostro sono state scelte in queste cerchie, penso alla povera PIA Rontini, i cui genitori sperperarono il patrimonio anche in stregoni e fattucchiere, o al povero Gentilcore, il cui nome è tutto un programma, forse scelto anche proprio per questo.
LOTTI lòtto s. m. [dal fr. lot, voce di origine germanica (cfr. got. hlauts «sorte, porzione assegnata»); la parola, che in francese significa anzitutto «parte che tocca a ciascuno in una divisione o in un sorteggio» e ha inoltre i varî sign. del n. 3, compare dapprima in Italia col sign. 1, e da esso si sviluppa, indipendentemente, il sign. 2; il fr. loto, nome del gioco, è a sua volta un prestito dell’ital. lotto]. – 1. Anticam., imposta straordinaria, attuata, per mezzo di gioco forzato, pare per la prima volta a Firenze nel 1530: assegnata a ogni cittadino una certa quantità di polizze (numerate e di ugual prezzo) commisurata alla sua ricchezza, si procedeva all’estrazione tra le polizze stesse di alcuni premî in oggetti e anche in case e poderi (furono così rimessi in circolazione beni confiscati per ragioni politiche). 2. a. Gioco di fortuna nel quale la vincita dipende dalla comparsa di un numero o di una combinazione di numeri in una serie di sorteggi eseguiti a caso, o dall’estrazione di una cartella, in una o più estrazioni, su un gruppo di cartelle (nel qual caso si chiama più propriam. lotteria), e il giocatore, pagata la posta o acquistato il biglietto, ha diritto, se la sorte lo favorisce, a un premio prefissato da una tariffa o da un piano.
per non parlare di altri partecipanti alla grande sceneggiatura
MALATESTA L'appellativo Malatesta risalirebbe al X secolo e sarebbe da riferire ad un esponente della progenie, Rodolfo, che avrebbe dimostrato coraggio e tenacia nel difendersi dagli attacchi esterni.
Deriva da un soprannome inteso ad indicare una dote morale-caratteriale del capostipite. Verso la fine del 1200 Malatesta I fu Signore di Rimini e diede inizio ad una dinastia che potrebbe derivare da un certo Rodolfo, vissuto nel secolo X e che venne chiamato Malatesta per la sua caparbietà e per il coraggio dimostrato nel tenere testa sia alla fazione filopapale sia a quella imperiale. www.cognomix.it/origine-cognome/malatesta.php
AQUINO Famiglia di origine longobarda, discendente dai gastaldi di Aquino, che possedettero ininterrottamente, tra i secc. IX e XIII, i territori di Aquino, Pontecorvo e la Val Comino. Gli Aquinati erano legati alla più ortodossa concezione longobarda della nobiltà. Era trasmessa attraverso il veicolo biologico del sangue e la sua intensità era legata alla gerarchia sociale e politica: nobilissima era la stirpe dei principi, dei duchi, dei conti. La chiave per regolare l'intensità della nobiltà era data dalle alleanze matrimoniali, la cui selezione poteva fare aumentare o diminuire la nobiltà. Per essi, tuttavia, il matrimonio conservava il peso specifico della nobiltà della stirpe paterna, che era trasmessa attraverso il veicolo del nome. Per gli Aquinati, dunque, il nome era il marchio, la manifestazione esteriore del sangue e della nobiltà. www.treccani.it/enciclopedia/famig...Federiciana%29/
La famiglia d'Aquino è una famiglia nobile italiana. Fu una delle sette grandi casate del Regno di Napoli. Annoverò tra i suoi membri il celebre San Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa. Sebbene vivesse jure Francorum, come attesta lo storico Benedetto Croce, era tuttavia di sangue longobardo[3], popolo devoto all'ingegneria militare e al culto micaelico. Infatti, le origini della famiglia risalgono a Rodoaldo, gastaldo di Aquino al tempo dei duchi di Benevento nel IX secolo. La loro proprietà del castello detto dei d'Aquino a Roccasecca è attestata sin dal X secolo[3]. Precedentemente era nota col nome di "Sommucula". Da tempi antichissimi i d'Aquino furono conti: infatti già dal 970 circa si hanno notizie di un Adenolfo, conte di Aquino e Pontecorvo, mentre un altro Adenolfo fu duca di Gaeta nel 1038. L'esponente di maggior prestigio della famiglia fu San Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa. Assieme alle famiglie Acquaviva, del Balzo, Celano, Molise, Ruffo e Sanseverino fu annoverata tra le sette grandi casate del Regno di Napoli per aver contribuito in maniera determinante alla storia dell'Italia meridionale con i suoi grandi personaggi che hanno ricoperto le più alte cariche in campo civile, militare ed ecclesiastico. La zona di Montecassino fu il primo punto di riferimento delle gesta della famiglia d'Aquino; altrettanto importante fu poi il vicino Principato di Capua. I d'Aquino, tra i maggiori feudatari di queste zone, furono abilissimi manovratori, sfruttando la loro posizione strategica, e giocarono all'altalena tra vicini e lontani, tra nord e sud, rimanendo perciò coinvolti nella lotta secolare tra papato ed impero, e poi tra Normanni, papato e Svevi[4]. https://it.wikipedia.org/wiki/D%27Aquino_(famiglia) |
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