Sneak JB Fellowship

Votes taken by JimMorrison84

  1. .
    Ma qualcuno chiede a Carlo perchè quando parla di Piazza Fontana, si guarda bene dal dire che uno dei soggetti (agente CIA tra l'altro)tirati in causa da Virgillito viene associato dal filone di indagine del Giudice Salvini inequivocabilmente a JB, incredibilmente lo stesso soggetto che fu super testimone al Processo Pacciani? E che abitava a 400 metri dall'ultimo delitto? E che ha mentito in tutte le salse in quella testimonianza, su di se, e sulle circostanze?
    Inizio a pensare che forse teme JB, e sarebbe pure comprensibile...
    Molte puntate, che ricostruiscono dal basso, prima i CDM, poi ODA poi FMB...ma alla fine ci arriviamo al grande capo? O ci staremo qualche istante, di sfuggita...
    Devo dire, che nei video di Carlo non mi sembra di trovare info nuove di alcun tipo, che non abbiamo ampiamente sviluppato qui.
    Riconosco a Carlo, un abilità nel presentare tutte le informazioni, con la creazione anche di neologismi, anzi forse più correttamente parliamo di figure retoriche come la coperta corta che sono efficaci per rendere l'idea.
    Il discorso delle competenze distintive profilanti è assolutamente corretto, e ne abbiamo parlato a lungo qui, anche se in modo differente.
    Se non ricordo male, lavora come analista economico-finanziario, e ripeto, nel presentare i dati, ed a ricostruire un quadro che è assolutamente complesso è in gamba.
    Penso magari ha scelto questa linea narrativa, ed arriverà a JB al momento dovuto, e spero che non risparmi nulla.
    Perchè ripeto quello che dissi qualche intervento fa nella discussione dell'agente Kasper, basta prendere il decennio 60-70 nel ruolino ufficiale di JB (ufficiale eh, non ufficioso, lì ci sarebbe ancora più da ridere) per essere inondati da una quantità di competenze profilanti sia militari-chimiche-intelligence-CID e una catasta di medaglie prese in Vietnam...
    Superman? Bond?Per scherzarci sopra pure noi...no, semplicemente Zodiac-JB e tutto ciò che abbiamo appena detto, documenti alla mano (ruolino, multiple soluzioni agli enigmi di Zodiac che portano il suo nome e cognome sia in inglese che in italiano)
    Ed in quel periodo forse FMB aveva mosso i primi passi fuori dall'accademia di Modena, in confronto JB era un enfant prodige...

    Post scriptum:

    Mitico Carlo che finisce il video mentre va a svegliare il figlio :)

    Post post scriptum:

    Tra l'altro questa chicca di Piazza Fontana è uno dei cavalli di battaglia di Dedo, una grande scoperta che gli riconosco, motivo per cui gli faccio pastrocchiare questo forum, e questo tread in particolare come vuole, anche se non sono sempre d'accordo con lui.
    Successivamente, l'utente Giorgiorgiola ha fatto un interessantissima analisi, che sviluppata ha portato a riflettere sul discorso della testimonianza di Virgillito (confidata da JB) sul riscaldamento a pavimento che avrebbe accelerato la detonazione della valigia. Circostanza, che se fossi un Autorità Giudiziaria, o una Commissione Parlamentare di inchiesta dotata degli adeguati poteri, andrei subito a verificare.

    Edited by JimMorrison84 - 17/7/2022, 17:11
  2. .
    https://roma.repubblica.it/cronaca/2022/03...nati-342725695/

    Anche qui nomi che ritornano...Avvocato Caracciolo di Sarno aveva una cassetta di sicurezza, presa di mira da Carminati, nell'ultimo colpo alla banca di Piazzale Clodio nei primi anni '90.
    Iniziò tutto con il colpo alla Chase Manhattan Bank? Forse quella volta fu per caso, chissà, sta di fatto che da lì si inaugura una stagione di rapine (Chase- Banca vicino Montecitorio-Brink Securmart-banca di Piazzale Clodio) che durerà circa un ventennio, mirate ad acquisire documenti importanti.
    Tra l'altro nell'articolo precedente sullo sbarco del caso Via Poma in Commissione Parlamentare:

    Ad ascoltare la relazione della famiglia la deputata Stefania Ascari, il magistrato Guido Salvini e anche un colonnello della Dia

    Saranno Salvini e Giraudo?

    Edited by JimMorrison84 - 17/7/2022, 16:26
  3. .
    CITAZIONE (Gianni Cerva @ 11/7/2022, 23:14) 
    Salute

    La risposta della persona sul posto è che era un agente di polizia, ma niente nome, quindi i vostri dubbi rimangono.

    Grazie Gianni del tentativo! Ha proprio specificato Polizia o Fdo in generale?
    Non escludo sia possibile ci fosse un agente di polizia sosia di JB a Firenze che avesse ragione di stare là, però dovrebbe uscirne qualche riscontro...non può essere un fantasma
  4. .
    Per farci due risate...
    Ma secondo voi, Brian De Palma, in Mission Impossible, nella famosa lista NOC (NON OFFICIAL COVER) che Ethan Hunt ruba dentro l'elaboratore elettronico della CIA a Langley, non ce lo ha messo un agente che si chiama WATER di cognome come omaggio al nostro? :D


    YKZRmup


    Poi ci sta nome in codice Molecule, Deepsea, Zenith :D Pluto, Jupiter, Scorpion
    Mi sono chiesto che significato aveva la sua target area Christos PA...molte hanno sigle che hanno senso, questa mi sfugge.

    Edited by JimMorrison84 - 11/7/2022, 16:40
  5. .
    CITAZIONE (Provaforense91 @ 11/7/2022, 14:21) 
    IMG_20220711_141957
    Brividi..
    Penso abbia usato il nome dello zodiac cinematografico: scorpio.
    Tratto dal film Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!

    Se non ricordo male, Anonimoveneziano ha fatto un post su quest'analogia con il film Skorpio ;)
  6. .
    questa lettera mi era sfuggita...incredibili i numerosi riferimenti all'acqua nella lettera, e water riportato sul nastro.
    Peccato sul sito che hai riportato non ci sta l'immagine della lettera originale.
    Anche qui ci sta la sfida a scacchi come nel caso del delitto di Anna Maria Bevacqua...incredibile, un altra coincidenza, a distanza di decenni ed in un altro continente.
  7. .
    Esatto le A zampettate erano state evidenziate un po di tempo fa, sia nelle lettere di Diabolich che in quelle di Zodiac...
    Altra cosa a cui ho ripensato ultimamente, il fatto che sia nel caso Diabolich che nel caso Mdf abbiamo l'eccezionale circostanza del killer che scrive sfidando gli inquirenti, sul fatto che ha compiuto un delitto, e loro non sanno dove. Credo che sia successo solamente in questi due casi, in Italia, e forse anche nel mondo.
    Comunque ottimo lavoro ragazzi ;)
    Ci sta qualcos'altro che bolle in pentola sull'analisi della calligrafia, ma al momento non posso dire nulla, in quanto mi sono accorto di questo effettuando una consulenza per terze parti.
    Spero prossimamente di poter divulgare questa circostanza, che per certi versi, mi sembra che chiuda il cerchio.
  8. .
    Mi sono visto il nuovo video di Carlo ieri sera, nulla di nuovo in questa puntata, fondamentalmente è una sorta di riepilogo...
    Però voglio ripetere una cosa a riguardo, nonostante alcune critiche sulla forma (non parlare di alcuni elementi, ripetere in modo lento e molto ridondante probabilmente penso io per rendere comprensibile a tutti la faccenda in quella forma di narrazione), ed alcune sulla sostanza che adesso ribadisco, trovo sia un lavoro che ha alcuni elementi pregevoli, se considero alcuni ragionamenti.

    -Trovo solo ancora non comprensibile come ancora non ha parlato di JB, perchè tutto il suo discorso su ODA e FMB non ha alcun senso se non metti lui al vertice a mio avviso...anche a livello operativo, questi ultimi due potevano vantare esperienza nel campo delle investigazioni o dell'intelligence (sempre risibile rispetto al Nostro anche solo considerando il curriculum ufficiale nell'anno 1982) ma ben poco in termini strettamente di azione.
    In poche parole non sapevano uccidere come il nostro già premiato numerose volte in Vietnam.
    Per non parlare di visione d'insieme, e di conoscenze dovute alla differente linea gerarchica NATO.
    Anche se, come ho già detto aspetto la fine del suo lavoro per esprimere una valutazione.

    - Ancora non capisco perchè sostiene che la pistola del '68 sarebbe la stessa. Da uno dei suoi primi video si desume sia a conoscenza del fatto che la descrizione del reperto del '68 fatta da Zuntini, non corrisponde ai reperti successivi ne alle descrizioni dello stesso Zuntini di quegli stessi reperti.
    Qualcuno ha spillato quei reperti delle serie 74-85 nel faldone del '68 senza alcuna ombra di dubbio. E questo non falsa la sua teoria delle Asse Borgognissanti-CC Sismi Firenze-Camp Derby servizi statunitensi, anzi. Io credo che JB e FMB abbiano sfruttato le informazioni che ODA e Matassino hanno fornito sul '68 per mettere quei reperti in quel faldone. Le teste sono loro senza dubbio a mio avviso.
    Per il resto sul discorso che fa su Signa mi trova d'accordo su tutto.
    Le osservazioni che fa sulla condotta del nucleo investigativo di Borgognissanti e sul suo allora capo sono sacrosante, e le ho fatte pure io, ricalcando il lavoro di Stefano della Notte del Cittadino Amico. E pure le considerazioni sulla SDM, e sul contesto che aveva intorno.
    92 minuti di applausi a Carlo quando dice "Vigna batti un colpo" sulla circostanza della mancata risposta ad una richiesta ufficiale del sostituto procuratore al nucleo investigativo in questione a cui fanno tutti orecchio da mercante.
    Ed il fatto che le ricostruzioni di quegli eventi sono fumose, piene di non ricordo, e con smarrimenti di reperti, non scarica le responsabilità del soggetto in capo, anzi semmai il contrario.
    Il fatto che Fenigli nel suo libro Supernotes scrive che ODA faceva da reclutatore per il Centro di cui FMB è stato capo per 20 anni è una circostanza che oltre che essere perfettamente credibile, non ha visto alcuna forma di smentita.
    Poi sono d'accordo Doc, quando dice io voglio le prove della combutta di questi 3...il fatto è che erano bravi a fare il loro lavoro.

    Post scriptum:

    Voglio dire un ultima cosa sull'onda del "Vigna batti un colpo"...Io da anni, ho espresso le stesse valutazioni e considerazioni di Carlo sul SP SDM.
    E ci sta un ulteriore considerazione da fare a riguardo circa quanto scritto sopra sul Cittadino Amico.
    Come si sarà sentita la SDM quando probabilmente si sarà accorta di quello che abbiamo scoperto anche noi, ovvero il discorso sull'incompatibilità della descrizione del reperto della Zuntini '68 con quelli successivi.
    Ci siamo arrivati pure noi, una volta che Panino ha potuto mettere le mani sulla perizia originale Zuntini del '68.
    Possiamo credere che Vigna, Tricomi e tutti gli altri magistrati del pool, e numerosissimi appartenenti alle Fdo che hanno partecipato al caso non si sono accorti di niente? Ma davvero?
    Si sarà sentita completamente isolata, come probabilmente è stata lasciata.
    E qualche anno dopo il Mostro gli ha mandato pure la lettera di minaccia.

    Edited by JimMorrison84 - 9/7/2022, 16:07
  9. .
    Bravissimo Doc, era GJ, e la testimonianza era quella della Alves...chiedo scusa, la memoria mi ha giocato un brutto scherzo
    Sei sicuro la testimonianza era di Domenica? Ora me la rivedo un attimo...perchè se così fosse il trappolone risalirebbe a Sabato allora.

    Ps: ho ricontrollato la testimonianza, hai ragione, riporta l'evento proprio di Domenica pomeriggio
  10. .
    http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2...20via%20Bellini.

    Via Scarlatti 10 (che è molto vicino a Piazza San Jacopino)

    yv0lIxr

    A piedi sono 15 minuti...non mi sembra lontano


    Questo invece è l'itinerario Consolato- Negozio dove lavorava la Cambi

    TBcXkMc

    Edited by JimMorrison84 - 9/7/2022, 03:02
  11. .
    Conosco quest'articolo è di Francesco...
    Penso che si riferisce al fatto che lo stesso Consolato è praticamente attaccato al quartiere in questione...
    Troverai un post da qualche parte, in cui abbiamo mappato tutte queste distanze, anche con i delitti delle prostitute di quegli anni.
  12. .
    Ora appena ho tempo mi vedo l'ultimo video di Carlo...
    Prossimamente mi piacerebbe tornarci sul discorso gaudenti.
    Specialmente sulla misteriosa circostanza che la Domenica di Settembre dell'85 a ridosso dell'ultimo delitto, furono quasi tutti aggrediti (forse intorno a Scopeti?), e riportarono ferite...credo in 4 se non ricordo male, tanto ho un post da qualche parte che affronta l'argomento.
    Di base, esternai il sospetto, che il delitto forse fu compiuto Venerdì o Sabato, e qualcuno ha attirato i gaudenti a Scopeti proprio Domenica notte, magari aprendo il recinto dei cani campioni...
    Non credo che sia un caso il riferimento al processo, ed anche che in quella testimonianza si sforza di far datare il delitto a Domenica notte, cadendo in fallo, anche sul discorso della radio la mattina dopo.
    Vi dico anche una cosa, in cui penso sia anche Doc d'accordo...non ne ho idea di quando sia avvenuto il delitto, certo il fatto che il nostro in questo particolare caso aveva la sua dimora godente di extraterritorialità a poche centinaia di metri falsa parecchio qualunque considerazione sullo stato dei cadaveri...
    In effetti, non sono nemmeno sicuro nel dire che sono stati sempre là.
    Se penso che magari, oltre il macabro scherzo alla Procura e alla SDM del tipo ho colpito ma non sapete dove (che ricorda tremendamente il delitto Diabolich), voleva fare anche una trappola ai gaudenti, e specialmente incasinare completamente la datazione...per poi andare pure a testimoniare.
    Per cui difficile capire esattamente tra Venerdì e Domenica notte cosa diavolo ha combinato.
  13. .
    CITAZIONE (Samuele Burlamacchi @ 8/7/2022, 16:54) 
    CITAZIONE (JimMorrison84 @ 8/7/2022, 14:19) 
    Ho ripescato tutta questa roba per dire, che ritengo che l'affaire Moro sia un nodo centrale di narrazione, che compreso questo, si possono poi comprendere una serie di eventi successivi.
    Sto pensando di fare una mappa concettuale per mostrare i vari collegamenti, mi prendo qualche giorno e poi la posto...
    Alla fin fine, dando una sguardo d'insieme a questo quadro, risulta che l'Agenzia (in rappresentanza ed in azione per conto di una determinata elite di potere) abbia mosso tutti i fili.

    In effetti è da questo contesto che bisognerebbe prendere spunto, per capire ciò di cui il fenomeno "mostro" fece parte. E per capire l'ambiente nel quale il " nostro" agiva, godendo di protezioni di ogni tipo. Poi, uno si può anche fare le classiche seghe mentali, che vanno dai calzini di Natalino al giorno effettivo nel quale i 2 francesi vennero uccisi, in base allo sviluppo mosche carnarie; elementi anche importanti, non c'è dubbio. Ma rappresentano il classico esempio, nel quale un tizio fa caso al dito che indica la luna, anziché notare la luna stessa.

    Assolutamente d'accordo Samuele ;)
  14. .
    Ho ripescato tutta questa roba per dire, che ritengo che l'affaire Moro sia un nodo centrale di narrazione, che compreso questo, si possono poi comprendere una serie di eventi successivi.
    Sto pensando di fare una mappa concettuale per mostrare i vari collegamenti, mi prendo qualche giorno e poi la posto...
    Alla fin fine, dando una sguardo d'insieme a questo quadro, risulta che l'Agenzia (in rappresentanza ed in azione per conto di una determinata elite di potere) abbia mosso tutti i fili.
  15. .
    CITAZIONE (Antonio Peri @ 8/7/2022, 09:41) 
    CITAZIONE (Cittadino Amico @ 7/7/2022, 17:17) 
    Stronzate-balistiche

    GLADIO, 904 (ITALICUS), DROGA, RAPINE E SEQUESTRI.
    Sembra proprio accusare la pista (con nomi e cognomi) che sto seguendo da un po con le mie ricerche... :=/:

    Direi che il collegamento con la strategia della tensione è stato trattato da diversi utenti, ciascuno in modo differente...
    In teoria essendo il forum JBcentrico, il centro della tela dovrebbe partire da lì...
    Personalmente nel tread "il Creatore delle macchine della morte" ho molto approfondito il discorso delle rapine premio, partendo dal primo storico colpo alla Chase Manhattan Bank.
    Ho ripercorso il fatto, che MC ed i Nar responsabili di quel colpo, andarono da Giuseppucci ed Abbatino a provare a riciclare quei travel cheques, e finirono tutti arrestati.
    Il primo storico arresto della Banda della Magliana e di alcuni elementi dei NAR tra cui spicca MC nacque da quel fatto, a mio parere, non da altre sciocchezze come raccontato dai romanzi recenti.
    Circa un anno dopo, (se non ricordo male, il lasso di tempo dovrebbe essere questo) MC ed FMB sono entrambi implicati (con conseguente condanna per FMB e assoluzione per MC in Cassazione) nel depistaggio della strage di Bologna.

    Riporto il tread e il post a cui mi riferisco:

    CITAZIONE (JimMorrison84 @ 22/12/2020, 16:40) 
    Ho intuito perfettamente Antonio, ti ringrazio della segnalazione in ogni caso, non vorrei averti dato l'impressione di aver frainteso il tuo modo di vedere le cose.
    Riguardo la riflessione su MC...Mi sono immaginato che in una qualche situazione di delitti eccellenti e barbe finte, possa aver incontrato Joe ed averlo visto in azione.
    Non solo, mi sono immaginato di più...
    Io credo che l'impunità e gli appoggi sfruttati negli anni dal Cecato (fa ridere se pensi Ulisse che incontra il Ciclope), siano dovuti a 2 rapine che ha compiuto allo scopo di rubare informazioni sensibili.
    In questo MC, si è elevato a dispetto di tutti i suoi compari criminali con cui è emerso.
    Il più noto di questi fatti, è la rapina alla Banca dentro la Procura nei primi anni '90 di cui si è ampiamente parlato negli ultimi anni.
    www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/2...bblica/3601339/
    Ma il sottoscritto, ha un altra intuizione...io penso che quello sia stato il secondo colpo di questo tipo, dopo che aveva (forse per caso? o forse no) effettuato il primo colpo che ha senza dubbio caratteristiche identiche:

    www.ugomariatassinari.it/chase-manhattan-bank/

    " È infatti il 1979 quando partecipa alla rapina alla filiale romana della Chase Manhattan Bank. Durante una conversazione finita nei nastri della Procura di Roma nell’ambito dell’indagine “Mondo di Mezzo”, Carminati descrive così quell’episodio: “Il giorno dopo la Chase Manhattan Bank siamo andati lì… gli ho fatto compra’ il 323 (una Bmw, ndr) pure a lui… c’aveva una baracca gli ho detto… ’annamose a compra’ il 323’… ancora me lo ricordo. 11 milioni… calcola pigliavamo stecche da 50-60 milioni… ti facevi una macchina che adesso varrà 40-50.000 euro … con 50 milioni m’ero comprato casa… la prima casa che mi sono comprato… con una stecca”."

    www.dagospia.com/rubrica-29/cronac...stato-90414.htm


    Io penso, che questo gruppetto, trovò qualcosa di molto importante nelle cassette di sicurezza, qualcosa, che ha ispirato MC e lo ha spinto a replicare il tutto esattamente 20 anni dopo (e forse anche diverse altre volte nel mentre, approfondirò questo punto prossimamente).
    Chissà, magari qualche documento molto riservato, che parlava di operazioni riservate, e magari pure del nostro.

    Vedete, quello che in Romanzo Criminale (autore del romanzo, ed autori della serie) hanno deciso di omettere (come delle Volpi a Nove Code, come direbbe il mio amico Omega Click) è questo:

    https://4agosto1974.wordpress.com/2014/12/...oni-11-12-1991/

    -Massimo CARMINATI, quando si intromise, per come ho già riferito, nelle trattative per la liberazione di Paolo ALEANDRI, dietro restituzione di un “borsone” di armi equivalente a quello andato perduto, già conosceva e frequentava, unitamente ai fratelli BRACCI e ad Alessandro ALIBRANDI, Franco GIUSEPPUCCI. Questi, per quanto ora ricordo, quando Massimo CARMINATI si intromise, ce ne parlò come di persona di un certo rilievo nell’ambiente del terrorismo di destra. Sempre per quanto mi è dato di ricordare, peraltro, sino a quel momento, non esistevano rapporti particolari tra il CARMINATI ed il GIUSEPPUCCI, legati ad attività criminali. Fu successivamente all’interessamento del CARMINATI per la restituzione delle armi che il gruppo di costui entrò in rapporti di “affari” con Franco GIUSEPPUCCI, stanti le possibilità che questi aveva di riciclare e reinvestire i proventi delle rapine. Come ho già detto, Franco GIUSEPPUCCI era un accanito scommettitore e, per tale sua passione, frequentatore di ippodromi, sale corse e bische, ambienti nei quali non disdegnava di prestare soldi “a strozzo”, dietro interessi aggirantisi attorno al 20-25 per cento mensile. Il denaro che riceveva da CARMINATI, consentiva ai due di ripartire tra loro il provento degli interessi: al CARMINATI veniva corrisposta una

    “stecca” del 10-15 per cento. Dal momento che il denaro riciclato in tal modo veniva conteggiato sulla base di lire 10 milioni per volta, il CARMINATI, per ogni dieci milioni di lire veniva a percepire mensilmente dal GIUSEPPUCCI, da un milione e mezzo di lire, fermo restando che Franco GIUSEPPUCCI garantiva la restituzione del capitale. Sempre Franco GIUSEPPUCCI aveva messo il CARMINATI in contatto con Santino DUCI, titolare di una gioielleria in via dei Colli Portuensi, il quale ricettava i preziosi provento di rapine ad altre gioiellerie ed orefici, liquidando al CARMINATI il contante che questi, col metodo sopra specificato riciclava e reinvestiva mediante lo stesso. GIUSEPPUCCI. E’ in questo contesto che si colloca la vicenda del tentativo di riciclare i traveller cheques provento della rapina commessa dal gruppo facente capo al CARMINATI alla Chase Manhattan Bank. Io, Franco GIUSEPPUCCI e Giorgio PARADISI, nell’occasione, fummo arrestati mentre stava andando in porto il tentativo di consegnarli ad un cileno in contatto con noi, col quale era anche in progetto di compiere un furto presso cassette di sicurezza… Non sono in grado di dire che avesse materialmente eseguito la rapina presso la- Chase Manhattan Bank. A quell’epoca, del gruppo di Massimo CARMINATI facevano parte, oltre ad Alessandro ALIBRANDI, i fratelli PUCCI e i fratelli BRACCI. Ricordo altresì, che Massimo CARMINATI intratteneva stretti rapporti con un altro gruppo, del quale facevano parte i fratelli Valerio e Cristiano FIORAVANTI, Gilberto CAVALLINI e Francesca MAMBRO. Ricordo, comunque, che i travellers cheques vennero consegnati a Franco GIUSEPPUCCI dallo stesso Massimo CARMINATI e dall’ALIBRANDI.-


    Non ce lo dice Babbo Natale...ce lo dice il Freddo :D
    Il primo arresto dei leggendari Boss della Magliana nasce intorno a quei traveller cheques provenienti dalla rapina alla Chase Manhattan Bank. Punto.


    Allora secondo voi, al "Potere" interessavano i traveller cheques?
    Oppure erano una traccia, per arrivare a chi aveva messo le mani su qualcosa di ben più importante?

    Poi penso anche all'Italicus:

    https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_dell%27Italicus
    Coinvolto pure FMB, nello stesso periodo...con collegamenti alla più volte citata strage di Brescia.
    Che FMB possa essere stato l'anello di contatto? Possibile che abbia incontrato grazie a lui pure JB?

    Perchè dopo sette anni (ed un anno dopo la rapina alla Chase Manhattan Bank) poi MC, ed FMB finiscono entrambi sotto processo per il depistaggio sulla Strage di Bologna avvenuto con l'abbandono della valigetta sul treno...

    Dalla voce Wikipedia:

    " 13 gennaio 1981 in una valigetta rinvenuta su un treno contenente un fucile da caccia, due biglietti aerei a nome di due estremisti di destra, del materiale esplosivo T4 dello stesso tipo utilizzato per la strage di Bologna fu rinvenuto anche un mitra MAB proveniente dal deposito/arsenale della banda all'interno del Ministero della Sanità[11]. Analizzando proprio quell'arma gli inquirenti poterono risalire ai legami tra la Banda e la destra eversiva dei Nuclei Armati Rivoluzionari. Per questa vicenda il 9 giugno 2000 nel processo di primo grado Carminati fu condannato a 9 anni di reclusione assieme al generale del Sismi Pietro Musumeci, al colonnello dei carabinieri Giuseppe Belmonte, al colonnello del Sismi Federigo Mannucci Benincasa e a Licio Gelli. Dell'episodio furono infine ritenuti responsabili, con sentenza definitiva, i soli Musumeci e Belmonte, mentre Carminati è stato poi assolto in appello.[12]"

    Rapina alla Chase Manhattan Bank avvenuta 27 novembre 1979.
    Depistaggio di Bologna della valigetta (coinvolti MC ed FMB) 13 Gennaio 1981.

    Poco più di un anno di distanza.

    Infine basta leggere questa sentenza a carico di entrambi, per trovare davvero tante altre informazioni...

    www.stragi.it/sentenza-mannucci-be...rminati-massimo

    XtGyteb

    Per chi riesce a leggere tra le righe, subito dopo Bologna, FMB sostenne un triplo gioco, cercando di fregare anche il Venerabile Licio Gelli.
    Fosse mai, che FMB ha beneficiato dell'esperienza e dei buoni consigli del suo amico Big Joe (in lettere anonime poi parliamo di un autorità)?!.
    Di sicuro di questo frammento prezioso di questa sentenza, la cosa più interessante è questa:

    5p01RAS

    Le misteriose indagini svolte in autonomia dal nostro FMB, capocentro di Firenze...
    Ed altro fatto che si può appurare leggendo tutta la sentenza è che (non si sa come) FMB conosceva perfettamente la composizione (arrivando ad indicare i diversi componenti) dell'esplosivo usato a Bologna. Chi gliel'ha detto? Forse chi ha materialmente creato l'ordigno.
    Ufficialmente dalla sentenza si desume FMB abbia appreso la composizione dall'altro imputato il Colonnello Spampinato, la cosa però a me lascia un po' perplesso visto che anche leggendo tutte le perizie successive si rileva disaccordo merito, per cui posso anche pensare che in realtà la fonte che ha guidato FMB e altri imputati a preparare la valigia aveva nozioni più approfondite sulla questione, e che anche qua fu usato un capro espiatorio (il perito dell'epoca) per tutelare la fonte.

    i4GuWLA

    Per cui chissà, che questi fatti correlati insieme non spiegano come sia nato il legame tra i 3.

    C'era una volta MC, che con una delle sue bande, portò a termine con successo la rapina alla Chase Manhattan Bank, riempendosi le tasche di Traveller cheques, contanti, e forse aprendo qualche cassetta di sicurezza particolare, di qualcuno importante, e che sapeva cose molto importanti.
    Una cassetta in una banca americana, nel 1979 (dopo circa un anno dal sequestro Moro), magari a nome del Capitano Richards, o del Capitano Carrett, o David Mears,o John Mears o anche David Linker,oppure Emilio Messaggio, tutti nomi probabilmente fasulli. Ma la persona che ha incarnato quelle identità è esistita eccome.
    E probabilmente il proprietario o "responsabile dei segreti della cassetta" ha attivato una persona a lui molto vicina, FMB per arrivare ad i responsabili della rapina (stile "Inside Man") .
    FMB non ci ha messo molto ad arrivare alla combriccola responsabile, facendo arrestare i 2 Boss della Magliana Giuseppucci e Abbatino, proprio nel tentativo di riciclare i Traveller Cheques e mentre ne pianificavano un'altra...
    Per cui, non ci raccontiamo cazzate, che i servizi andarono dalla banda della Magliana (e da MC) per chiedere una mano a trovare Moro.
    Questa è una cazzata colossale.

    Se ci leggiamo le carte, che riportano i fatti, nemmeno un anno dopo la rapina alla Chase Manhattan Bank e l'arresto dei boss della Magliana per il tentativo di riciclaggio del provento di quest'ultima,MC (e relativamente anche la banda della Magliana, visto che il mitra veniva dall'arsenale del ministero) erano a fare da esecutori per piani di depistaggio su Bologna, ai diretti ordini di FMB.


    Post scriptum:
    La discussione è nata in questo tread ha chiaramente virato un po' off topic, ed infatti mi automodero e sposto quest'ultimo intervento nel tread "Il Creatore delle Macchine della Morte".

    Ho riportato questo tread, perchè ultimamente ho ripensato a queste faccende...
    In particolare, tendo a ipotizzare, che effettivamente la Banda della Magliana non partecipò in un primo momento al sequestro Moro, se non attraverso un solo personaggio chiave, Tony Chicchiarelli, che penso fu utilizzato dagli apparati che conosciamo per il discorso Lago della Duchessa e relativo falso comunicato, e riporto il tread di Stark a riguardo:

    CITAZIONE (JimMorrison84 @ 2/5/2020, 06:03) 
    Riprendo con la trascrizione:

    L’Affaire Moro e Mr. Stark

    A dispetto del giudizio di alcuni secondo cui ormai si sa tutto sull’affaire Moro e in base al quale la maggior parte dei rilievi mossi alla versione ufficiale – riducendo il tutto al confronto violento fra uno Stato monolitico e le BR – non sarebbero altro che fumo, sul sequestro e assassinio del Presidente della DC ci sarebbero da versare fiumi di inchiostro, mentre singoli episodi riconducibili a taluni retroscena richiederebbero volumi su volumi di approfondimento ed analisi. Per vie tortuose, indirette e complicate Mr. Stark si inserisce nella tragica vicenda dello statista democristiano sulla quale molti lati oscuri continuano a gravare sui destini della Repubblica. Certamente la tesi di un avventuriero e trafficante di droga americano che, per conto di settori dei servizi di intelligence del suo paese con complicità interne piduiste, manovra le BR e altri eventuali sequestratori di Moro, è logicamente e fattualmente insostenibile e pressoché assurda. Per qualche arcano motivo sussisterebbero tuttavia dei fili “invisibili” che collegano le vicende umane e criminali di Mr. Stark con gli ultimi cinquantacinque giorni di Moro. Il suo nome emerge relativamente a tre aspetti poco esplorati del caso Moro.

    1)Il codice militare di comunicazione via radio fra le colonne brigatiste

    2)Un’azione di depistaggio che coinvolge il già citato Paghera

    3)Un documento rinvenuto in duplice copia nelle cabine telefoniche di Firenze il 14 maggio 1979


    Ritorneremo successivamente sul punto 3 per una circostanziata analisi mentre in questa sede ci occuperemo degli altri due che rinviano ad alcuni degli aspetti più oscuri e inquietanti dell’affaire come la storia del covo di via Gradoli 96 e la sua “scoperta”, il falso comunicato brigatista numero 7 denominato come “il comunicato del lago della Duchessa, i messaggi allusivi e ricattatori inviati per collegare il caso Moro all’omicidio di Pecorelli o anche i misteri che circondano la tipografia di vis Foa. Per comodità cercheremo di essere quanto possibilmente più sintetici nella trattazione degli aspetti essenziali accorpando i due punti precedentemente elencati...E’ decisamente storia... Nel dicembre 1975 il capo delle BR Mario Moretti prese in affitto l’appartamento dei coniugi Bozzi – Ferrero sito al 2° piano di via Gradoli 96 a Roma con la stipula di un anomalo contratto di affitto non registrato. L’appartamento – covo deve fungere da quartier generale della colonna brigatista romana allestita appositamente per sequestrare l’onorevole Moro e in tempi diversi vanno a risiedervi i maggiori esponenti dell’organizzazione “lottarmatista” ( Bonisoli – Brioschi, Moretti – Balzerani, Morucci – Faranda). La scelta si rivela piuttosto singolare perché la strada ha un solo ingresso – uscita che può essere facilmente controllato e sorvegliato. Inoltre sembra un autentico porto franco: in quell’ultimo scorcio degli anni Settanta nella via risiedono fiduciari dei servizi segreti, informatori della polizia, immigrati arabi e latinoamericani e latitanti... All’epoca del sequestro Moro sono presenti covi e abitazioni di militanti e gruppi dell’Autonomia e di noti estremisti di destra e ci sono perfino uffici dei servizi di sicurezza. Uno degli “inquilini” che suscitano maggiore curiosità è il malavitoso romano Alessandro D’Ortenzi il quale aveva messo in contatto il citato prof. Semerari – il teorico dell’alleanza organica fra l’estrema destra e la malavita – con i boss della Banda della Magliana. In quel periodo era latitante e aveva trovato rifugio in un appartamento di via Gradoli 91, praticamente di fronte al covo brigatista. Ma via Gradoli e soprattutto il civico 96 riservano numerose sorprese perché la maggior parte degli appartamenti appartengono a società immobiliari come la Gradoli SPA, la Caseroma SRL, la Monte Valle Verde SRL nei cui consigli di amministrazione siedono fiduciari degli organismi di sicurezza del Ministero degli Interni. Lo stesso amministratore dello stabile, Domenico Catracchia è fiduciario del servizio di sicurezza degli Interni la cui responsabilità ricadeva allora sul futuro Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. In qualunque modo si voglia pensarla, la scelta dei vertici brigatisti non può essere casuale...Numerosi elementi inducono a ritenere che all’interno di diversi organismi di investigazione e di sicurezza dello Stato fossero a conoscenza del covo brigatista di via Gradoli ben prima della “scoperta” – come vedremo, sicuramente pilotata -. A soli due giorni dal sequestro dell’onorevole Moro e dal massacro della sua scorta, la polizia effettuò delle perquisizioni nella via Gradoli in maniera, a dire il vero, piuttosto superficiale. Nella palazzina di via Gradoli 96 gli agenti non entreranno solo nell’interno 11 che corrisponde esattamente al covo – appartamento abitato dall’ingegner Borghi alias Mario Moretti. Nessuno risponde al suono del campanello, ma gli agenti non forzeranno la porta, né effettueranno un servizio di sorveglianze per verificare chi vi risiedesse. In quella stessa notte fra il 17 e il 18 marzo, nell’appartamento attiguo Luca Mokbel, informatrice della polizia il cui nome verrà associato al fratello Gennaro noto alle cronache per le recenti disavventure giudiziarie, ha udito uno strano ticchettio che riproduce un linguaggio morse. Essendo suo padre un ufficiale dell’esercito egiziano, la donna conosce i codici di trasmissione dei messaggi e si premura di affidare un appunto scritto al maresciallo Domenico Merola, indirizzandolo al commissario di Pubblica Sicurezza Elio Cioppa, iscritto alla loggia P2. Quest’ultimo entrerà negli organici del SISDE, il servizio segreto civile diretto dal piduista Giulio Grassini. I poliziotti negheranno di aver ricevuto l’appunto della Mokbel, mentre la relazione di servizio del maresciallo Merola risulta redatta su carta intestata Dipartimento di Polizia, una dicitura che entrerà in vigore solo successivamente alla riforma del 1981. Un chiaro tentativo di occultare i risvolti della “perquisizione“ ordinata in via Gradoli 96, La questione della misteriosa macchina telescrivente di via Gradoli che trasmette messaggi in codice non rimane confinata nell’ambito delle confidenze di Lucia Mokbel. Un avvocato, tale Rocco Mangia, riferirà al colonnello Antonio Varisco del Nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri la segnalazione di una cliente che aveva avvertito un continuo “battere a macchina”. La confidenza non avrà seguito, ma la figura del colonnello Varisco non sembra affatto secondaria nell’affaire Moro. Verrà assassinato il 13 luglio del 1979 nel corso di un attentato rivendicato dalle BR. Come vedremo era buon conoscente di Pecorelli, al quale senza dubbio passava informazioni riservate di una certa rilevanza. Nella vicenda entra anche una vecchia conoscenza del SID, già incontrata precedentemente, il capitano Antonio Labruna – uomo di fiducia del generale piduista Maletti – che, nei giorni successivi al sequestro, riceve le insistenti telefonate da Francoforte dell’informatore e presidente dell’organizzazione cattolica International Opus Christi, Benito Puccinelli, il quale si dice convinto che in via Gradoli c’è chi ha rapito Moro e che, da un garage – collocato proprio di fronte al civico 96 – si trasmettono messaggi via radio tramite un’antenna che sfrutta un ponte radio che passa attraverso la zona sita nei pressi del lago della Duchessa. L’informazione verrebbe corroborata dalla circostanza che il capo brigatista Moretti aveva precedentemente lavorato per la Sit Siemens a Milano, impresa tedesca specializzata in telecomunicazioni e componentistica elettronica e dal fatto che lo stesso ha potuto disporre di un box al numero civico 75. Quando il covo – appartamento di via Gradoli 96 verrà scoperto, tra gli oggetti rinvenuti verranno sequestrate sofisticate apparecchiature radio ed elettroniche e pubblicazioni e manuali per l’utilizzo delle ricetrasmittenti. Analoghe apparecchiature saranno trovate successivamente al blitz di via Monte Nevoso a Milano. La presenza di questa strumentazione elettronica per le trasmissioni e le ricezioni via radio dimostrerebbe che le BR avevano allestito un sistema di comunicazione permanente per mantenere il collegamento fra le varie colonne. Infatti per rispondere al processo di “Stato” allestito a Torino contro il nucleo storico delle BR, il Comitato Esecutivo dell’organizzazione aveva lanciato la campagna di primavera e, oltre a Moro, doveva essere sequestrato a Milano il presidente della Confindustra Leopoldo Pirelli. Il “centro” di questa rete di comunicazioni era collocato proprio in via Gradoli. Secondo Willan – che verrà ripreso da David Black – Mr. Stark aveva fornito il codice militare per la ricetrasmissione a Curcio e i compagni brigatisti in carcere. Questa “rivelazione” non è mai stata confermata, ma se lo fosse, avvalorerebbe una volta di più il ruolo tutt’altro che secondario dell’americano nel terrorismo degli anni Settanta. Inoltre la “passività” e l’inerzia delle autorità nei confronti dei brigatisti durante i cinquantacinque giorni dell’operazione Moro dimostrerebbe quanto profonde e rilevanti fossero le complicità di alto livello... Il 3 aprile 1978 un gruppo di docenti e professori universitari di Bologna fra cui Romano Prodi e Alberto Clò si riuniscono per una presunta “seduta spiritica” nella quale si evoca lo spirito di La Pira per individuare la “prigione” brigatista in cui è rinchiuso l’onorevole Moro. Si tratta di uno sgangherato espediente per coprire la vera fonte dell’informazione. Ancora una volta emerge il nome “Gradoli”, ma anziché predisporre un’operazione di polizia in via Gradoli – come sarebbe stato naturale – il Ministro degli Interni Francesco Cossiga ordina un rastrellamento nella zona del paese di Gradoli, nei pressi di Viterbo. In maniera alquanto grottesca sarà lo stesso Cossiga a giustificare la fallimentare e ridicola operazione, affermando che non se la sentiva di porre rilievi se non si era immediatamente pensato alla strada di Roma. Come abbiamo illustrato la polizia aveva compiuti delle perquisizioni in via Gradoli il 18 marzo arrestandosi all’uscio dell’appartamento abitato da Moretti e dalla Balzerani. In tutta evidenza non c’è reale interesse a salvare la vita di Aldo Moro e con essa la formula politica di avvicinamento ai comunisti e di dialogo con le sinistre e, anzi si potrebbe insinuare il sospetto di una neanche tanto velata complicità. A parere di Giovanni Fasanella – fra gli ultimi che raccolsero le confidenze di Cossiga su “Panorama” – la gestione della “crisi” dei cinquantacinque giorni era passata direttamente nelle mani di un direttorio composto dalle maggiori potenze della NATO – USA, Gran Bretagna, Germania federale e Francia – e, quindi, a livello operativo ed esecutivo, della STAY BEHIND. Seguendo questa interpretazione dei fatti, il Ministro degli Interni avrebbe istituito i tre “comitati di crisi” in modo da garantire la sufficiente lealtà e l’indirizzo filoatlantico e filoamericano. Molti dei componenti dei comitati risulteranno affiliati alla loggia P2 e protagonisti di diverse vicende dei cosiddetti misteri italiani che, nel corso della trattazione, abbiamo già incontrato. Con il tempo circoleranno voci sulla partecipazione dell’immancabile Gelli e di Ledeen, l’esperto americano di questioni italiane, ma non si potrà mai fare alcuna verifica, perché nel frattempo sono stati fatti sparire i verbali delle riunioni. Lo stesso Cossiga non può probabilmente esimersi da operare secondo un certo indirizzo, essendo stato da lunga data reclutato nella GLADIO, la sezione italiana della STAY BEHIND. In particolare l’intera strategia per gestire il paese e la sua opinione pubblica durante il sequestro viene dettata dal comitato di esperti nel quale prevale una linea di condotta abbastanza precisa. D’altronde i suoi membri non manifestano eccessive simpatie per la politica morotea. Si pensi al prof. Vincenzo Cappelletti, direttore generale dell’istituto dell’Enciclopedia Italiana e anche presidente della sezione italiana del reverendo Moon legata alla WACL (World AntiCommunist League) foraggiata dalla CIA, ma soprattutto al prof. Franco Ferracuti, l’amico e collega del criminologo Semerari che abbiamo già incontrato nel capitolo precedente. Fra i contributi del professore piduista all’interno del comitato si possono annoverare la “perizia psichiatrica a distanza” sull’ostaggio delle BR tutta volta a screditare Moro sui mezzi di informazione e sugli organi di stampa e il consiglio di far sequestrare i brigatisti incarcerati per fare pressione sui sequestratori di Moro – secondo una modalità che non avrebbe evidentemente giovato all’onorevole democristiano -. Uno dei fondatori delle BR Alberto Franceschini avrebbe rivelato che quell’azione sarebbe stata affidata al gangster milanese Francis Turatello, ma questi oppose un netto rifiuto. Vera anima grigia del comitato è stato l’americano Steve Pieczenik, un personaggio che recentemente è tornato ad occupare le pagine delle cronache americane per aver accusato l’Amministrazione di Barack Obama per aver manipolato la falsa notizia dell’eliminazione del superterrorista yemenita e presunto regista dell’”11 settembre, Osama Bin Ladin. Allievo di Henry Kissinger, già assistente di diversi Segretari di Stato durante le amministrazioni dei Presidenti Gerald Ford, Jimmy Carter, Ronald Reagan e George Bush jr, per la sua lunga esperienza Pieczenik è un profondo conoscitore delle dinamiche e dei meccanismi della “politica sotterranea e parallela” coltivata dagli USA nel mondo. Inoltre è uno specialista delle “guerra psicologica”, il delicato settore in cui si adoperano tutti gli strumenti del condizionamento e della manipolazione delle masse. Per circa venticinque anni non si è mai saputo se Pieczenik, all’epoca assistente del Dipartimento di Stato, era stato chiamato da Cossiga o se era stato imposto dall’Amministrazione americana. L’esperto americano ha risposto a tutte le domande nel libro intervista “Abbiamo ucciso Aldo Moro” dello scrittore francese Emmanuel Amara (edizioni italiane Cooper del 2008) ammettendo che la sua missione non era quella di salvare Moro, ma di spingere la DC ad adottare la linea della più rigida fermezza per impedire l’ascesa del PCI. Almeno, questa linea ufficiale della fermezza avrebbe dovuto essere imposta a livello mediatico per controllare la pubblica opinione. Aggiungerà che tutte le indicazioni sono state osservate senza discussione da Cossiga rivendicando la paternità dell’idea del falso comunicato brigatista che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto costringere le BR a prendersi la responsabilità di eliminare Moro. Sono ammissioni gravissime a cui Cossiga non è stato capace di replicare. Già il 15 aprile Pieczenik lascerà l’Italia evidentemente sicuro che i suoi preziosi consigli sono stati ascoltati ed avranno concreta applicazione. Nella mattina del 18 aprile avvengono due fatti concomitanti che sono il frutto della stessa strategia di “guerra psicologica” delineata dall’esperto americano. L’allagamento provocato deliberatamente dal telefono doccia del bagno dell’appartamento all’interno 11 del secondo piano della palazzina di via Gradoli 96 – abitato da Moretti e dalla Balzerani provoca l’intervento dei vigili del fuoco e successivamente, delle forze dell’ordine. Infatti i pompieri si sono trovati di fronte a quello che appare il “riassunto del sequestro brigatista di Aldo Moro”. Gettate disordinatamente e alla rinfusa vengono rinvenute pistole, mitra, esplosivi, fucili di precisione, volantini delle BR, divise della polizia e dei piloti dell’Alitalia – queste ultime usate in via Fani -. Qualcosa che è visibilmente contrario alle più normali regole di sicurezza impartite a un membro delle BR. Qualcuno – un infiltrato, interno alle BR ? - ha voluto deliberatamente “bruciare” il covo che funzionava da quartier generale delle BR per la campagna di primavera. Un appartamento – covo quasi certamente noto ad alcuni organismi informativi e di sicurezza. Quasi contemporaneamente una telefonata anonima avverte un redattore del “Messaggero” che in un cestino dei rifiuti di piazza Belli troverà il comunicato numero 7 delle BR. In tutta evidenza si tratta di un documento anomalo e apocrifo confrontandolo con i “normali” comunicati brigatisti. E’ prodotto in fotocopia, contiene vari refusi ed errori ed è redatto in un linguaggio burocratico – poliziesco più che rispondente al gergo marxista leninista della lotta armata. Gli estensori del comunicato avvertono che l’onorevole Moro è stato “suicidato” ed è sepolto nel lago della Duchessa negli Abruzzi. Vi si ravvisano delle allusioni e dei messaggi comprensibili solo a chi è a conoscenza dei risvolti più misteriosi ed enigmatici del caso Moro come quella dei compagni tedeschi “suicidati” a Stammheim. Un riferimento a una presunta partecipazione di terroristi della RAF e della Baader – Meinhof nell’operazione Moro ? non può sfuggire poi la scelta della località della sepoltura che coincide con quella del ponte radio rilevato dall’informatore del capitano Labruna. Il Ministro degli Interni si affretta a far convalidare il comunicato e “certificarne” l’attendibilità dagli esperti e, nonostante il lago della Duchessa sia coperto da uno spesso strato di ghiaccio, viene immediatamente ordinata una massiccia mobilitazione di civili, militari, elicotteri, automezzi, ecc... per “dissotterrare” il cadavere dello statista. Un’altra operazione grottesca che non contribuisce a rafforzare l’autorevolezza delle istituzioni. Ovviamente l’esito è negativo e tre giorni dopo le BR faranno pervenire il “vero” comunicato numero 7 con tanto di denuncia della manipolazione attuata dal Governo Andreotti. In effetti la “scoperta” pilotata del covo brigatista di via Gradoli e il falso comunicato del lago della Duchessa sono da ricondurre alla stessa mente, alla stessa mano e alla stessa strategia approntata all’interno della compagine governativa guidata dall’onorevole Andreotti e dai comitati di crisi colmi di piduisti voluti dal Ministro degli Interni Cossiga su suggerimento di qualificati “esperti stranieri” Lo stratega dell’operazione si dovrebbe identificare con Pieczenik...Cosa si propongono di fare gli artefici della “svolta” del 18 aprile ? In che modo si vogliono condizionare l’esito della gestione del sequestro dell’onorevole Moro ? Innanzitutto si cerca di fare opera di convincimento e persuasione sull’opinione pubblica circa la sorte dello statista per prepararla a quello che, nelle loro intenzioni, dovrebbe costituire l’unico approdo possibile e accettabile. In secondo luogo chi manovra gli esecutori che in quel 18 aprile si misero all’opera, vuole inviare agli interlocutori brigatisti precisi messaggi... Innanzitutto si intende far sapere che sono a conoscenza di ogni movimento, ogni informazione sui sequestratori e che possono privarli di ogni autonomia di manovra (in questo la “scoperta” del covo di via Gradoli docet...). In questo modo per i brigatisti si riducono gli spazi di agibilità e non possono impedire che la gestione del sequestro e di possibili negoziazioni venga diretta e plasmata da soggetti “estranei” Descritta in tal guisa la vicenda può sembrare perfino piuttosto semplice, ma l’intero affaire Moro gronda di ambiguità, doppiezze, oscuri allusivi ed insinuanti messaggi. Una vicenda emblematica in cui il nero diventa bianco e il bianco diventa nero e tutti e due si immergono in un grigio indistinto. Alla falsa e simulata scoperta del covo di via Gradoli corrisponde il falso comunicato del lago della Duchessa. In tale contesto non sono forse accettabili anche i “falsi” brigatisti ? Proseguiamo...Inizialmente fu proprio Enrico Paghera, il militante del gruppuscolo terrorista Azione Rivoluzionaria agganciato da Mr. Stark ad attribuirsi la paternità del falso comunicato su richiesta delle stesse BR per alleggerire la pressione delle forze dell’ordine nella capitale. Nel 1988 in un’intervista ai giornalisti Marcella Andreoli e Giulio Obici sul settimanale “Panorama” Paghera ritrattò e aggiunse che si era assunto la paternità del comunicato del lago della Duchessa su richiesta di un capitano dei carabinieri legato ai servizi segreti, evidentemente per finalità depistanti. Lo stesso capitano lo avrebbe esortato a rivendicare l’omicidio di Pecorelli a nome di Azione Rivoluzionaria. Come vedremo la vicenda del lago della Duchessa e l’omicidio Pecorelli rinviano a un personaggio della criminalità singolare e bizzarro ed è alquanto curioso che un gruppo “inquinato” dalle infiltrazioni come Azione Rivoluzionaria compaia in entrambi i casi. Paghera aggiunse che Mr. Stark gli aveva offerto di fare l’informatore per il Ministero degli Interni. Abbiamo già descritto in linee generali le implicazioni della collaborazione di Stark con gli organismi investigativi e di sicurezza italiani e, anche in questo caso, emerge un particolare che suscita qualche interrogativo... Mr. Stark rivelò al giudice Nunziata di aver trasmesso una consistente mole di informazioni sulle BR a un ufficiale dei carabinieri di Roma, ma che poi nulla è stato fatto per neutralizzare l’organizzazione. Mr. Stark e Paghera – già in rapporti fra loro – parlano dello stesso ufficiale dei carabinieri probabilmente legato ai servizi segreti ? Ciò rinvia ad un’altro interrogativo cruciale: chi ha veramente confezionato il falso comunicato brigatista ? E per conto di quale organizzazione agiva ? Per la cronaca, dopo essere stato imputato per il tentato omicidio di un marittimo a Genova, Paghera disse di essersi inventato tutto... Per cercare di rispondere alle domande precedentemente avanzate offro al lettore la seguente cronologia di episodi apparentemente scollegati, ma che potrebbero avere in comune un singolare e stranissimo personaggio della malavita romana e le sue molteplici e variegate frequentazioni...

    18 aprile 1978:

    contemporaneamente alla scoperta apparentemente casuale del covo brigatista di via Gradoli 96 viene diffuso il comunicato apocrifo del lago della Duchessa. Dando credito al documento viene organizzata una imponente mobilitazione dell’esercito e delle forze dell’ordine per trovare il corpo sepolto di Aldo Moro nel lago ghiacciato con uno scontato esito negativo. E’ evidente che si tratta di una doppia messinscena allestita nell’ambito di una strategia da “guerra psicologica.

    9 maggio 1978:

    termina l’agonia dello statista democristiano, il cui corpo senza vita viene rinvenuto nel portabagagli di una Renault 4 rossa nella centralissima via Caetani. Secondo la lacunosa versione ufficiale Moro è stato ucciso dai brigatisti, ma tempi, modalità e luogo dell’esecuzione rimangono ignoti. Oltre ai brigatisti hanno concorso altri soggetti a questo risultato finale ?

    20 maggio 1978:

    viene diffuso il comunicato numero 1 firmato “Cellula Romana Sud – Brigate Rosse”, un altro documento evidentemente apocrifo composto da una parte scritta in normale italiano e un’altra in codice. La parte in “chiaro” svelerebbe che le operazioni di “via Gradoli” e del “lago della Duchessa” non sono altro che manovre per fare emergere le contraddizioni e le inefficienze del regime. La parte dattiloscritta utilizzando un codice militare NATO – potrebbe forse ancora esserci la mano di Mr. Stark o di qualche personaggio equivoco dei servizi segreti ? - è stata “tradotta” dal giornale di destra “Settimanale” diretto dal piduista Giuseppe Dall’Ongaro. Sarebbe indicato un doppio elenco di personaggi da eliminare.

    6 marzo 1979:

    il giornalista Mino Pecorelli si intrattiene con il colonnello dei carabinieri Antonio Varisco presso uno palazzo in piazza delle Cinque Lune. Sarebbe stato presente un terzo personaggio mai identificato, che alcuni hanno ritenuto possa essere stato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Secondo una deposizione della compagna del giornalista, Franca Mangiavacca, quel giorno sarebbero stati pedinati. Sia Pecorelli che Varisco sono sicuramente al corrente di importanti segreti relativi al caso Moro e, probabilmente per questo motivo, saranno entrambi assassinati.

    20 marzo 1979:

    con una esecuzione in tipico stile mafioso, viene assassinato Mino Pecorelli, da sicari molto probabilmente appartenenti alla Banda della Magliana o, comunque, della locale malavita. Un omicidio su commissione ordinato per far tacere una voce scomoda e, comunque, molto addentro ai meccanismi più torbidi del potere. La pista principale conduce a personaggi della corrente andreottiana che avrebbero cercato di eliminare un ostacolo pericoloso alla carriera del’onorevole Andreotti che, proprio in quella data, si apprestava a chiedere la fiducia parlamentare per il suo nuovo governo. Non è però escluso che il giornalista sia rimasto vittima di una faida interna ai servizi segreti o alla massoneria divise in fazioni interne ed internazionali. Circa un mese prima dell’omicidio un ufficiale del SISMI – da identificarsi probabilmente con il colonnello Antonio Viezzer, piduista in servizio al Centro di controspionaggio di Firenze – aveva consegnato alcuni documenti che provavano il doppiogiochismo di Licio Gelli. In ogni caso sembra che Pecorelli fosse particolarmente interessato al caso Moro che, in qualche modo, non esclude collegamenti con gli affari e le carriere di Giulio Andreotti e di Licio Gelli.

    14 aprile 1979:

    un borsello dimenticato su un taxi viene consegnato da tre cittadini americani – che frequenterebbero la American University of Rome – al tenente colonnello Antonio Cornacchia del Reparto operativo dei carabinieri – affiliato alla P2 dal 1980 -. Già la circostanza di questo recapito pare sospetta... Nel borsello vengono rinvenuti i seguenti oggetti tutti con valenze simboliche legate al caso Moro: una pistola dalla matricola limata, dieci proiettili calibro 7,65 ed una di più grosso calibro (Moro è stato “giustiziato con undici colpi di arma da fuoco), una testina rotante IBM contrassegnata dalla sigla Light - Italic – 12 (i comunicati brigatisti e quello apocrifo del lago della Duchessa erano stati dattiloscritti con questa testina), un mazzo di nove chiavi (il numero dei mandati di cattura contri i brigatisti incriminati ma anche dei comunicati autentici e ufficiali delle BR emessi durante il sequestro), due cubi flash di marca Silvania (le due foto scattate a Moro durante la prigionia), un pacchetto di fazzolettini di marca Paloma ( un riferimento al fatto che le ferite mortali dell’onorevole Moro furono tamponate con questi fazzoletti), una cartina stradale comprendente la zona di Amatrice, il lago di Vico e il lago della Duchessa, una bustina contenente tre pillole bianche (allusione ai medicinali assunti da Moro), una bozza di discussione politica, un volantino, una patente contraffatta intestata a Grossetti Luciano (una delle identità false di Licio Gelli ?), un frammento di biglietto per traghetti Villa San Giovanni - Messina (probabile allusione ai viaggi compiuti da Mario Moretti a Reggio Calabria e a Catania senza avvertire l’organizzazione brigatista fra la fine del 1975 e il 1976) e quattro schede dattiloscritte con un linguaggio di tipo burocratico e militare piuttosto che brigatista. Le schede prevedono alcune azioni armate contro il Presidente della Camera Pietro Ingrao, il magistrato romano Achille Gallucci e l’avvocato Giuseppe Prisco, all’epoca nel consiglio di amministrazione del Banco Ambrosiano del piduista Calvi. La scheda di Mino Pecorelli indica chiaramente come il giornalista fosse pedinato nel giorno dell’incontro con il colonnello Varisco. Il misterioso estensore menziona alcuni paragrafi mancanti di un misterioso documento sottratto a Pecorelli, che potrebbe essere identificato con il memoriale di Aldo Moro. Chi ha “dimenticato” quel borsello sul taxi è sicuramente al corrente che il caso Moro e quello di Pecorelli sono intrecciati... Tre giorni dopo, a seguito di una telefonata anonima al quotidiano “Vita Sera”, vengono trovate alcune false schede delle BR in una cabina telefonica in via Cernaia ove era stato rinvenuto, l’anno prima, il comunicato numero 1 della “Cellula Romana Sud – Brigate Rosse” scritto in codice in seguito a una telefonata al quotidiano “Messaggero”.

    13 luglio 1979:

    viene assassinato Antonio Varisco, amico e informatore di Pecorelli, che si era dimesso da pochi giorni dall’Arma dei carabinieri per occuparsi del servizio di sicurezza della Carlo Erba, azienda farmaceutica diretta da Ugo Niutta e controllata dalla Montedison di Eugenio Cefis. L’attentato viene rivendicato dalle BR che, per l’occasione utilizzano anche una bomba fumogena modello Energa di fabbricazione americana proveniente dal deposito del Ministero della Sanità di via Liszt in dotazione alla Banda della Magliana. Come Pecorelli, Varisco era a conoscenza di molti retroscena sul caso Moro fra cui, come abbiamo visto, la presenza della telescrivente brigatista in via Gradoli. Novembre 1980: a seguito di una nuova telefonata di un presunto membro delle BR, stavolta alla redazione del quotidiano comunista “Paese Sera”, nella quale si invita l’interlocutore a recarsi dinnanzi un bar in via Flavia per ritirare dei documenti che comproverebbero un rapporto fra Sereno Freato, collaboratore e amico di Aldo Moro e le BR. Viene trovata la copia della scheda di Pecorelli con in fondo la scritta “Sereno Freato !!!!!!!... Al comando centrale”. In quei giorni il segretario di Moro, dinnanzi ai membri della Commissione Parlamentare d’Inchiesta, aveva alluso a responsabilità istituzionali in certi rapporti poco trasparenti con taluni paesi arabi. La deposizione di Freato rinvia ai rapporti fra Italia e Libia e al dossier Mi. Fo. Biali a cui Pecorelli era particolarmente interessato. Il misterioso propalatore di messaggi ricattatori e allusivi intende forse richiamare l’attenzione a una connessione fra l’affaire Moro, la morte di Pecorelli e i traffici di petrolio ed armi con la Libia ?

    21 ottobre 1981:

    il capitano di polizia Antonio Straullo viene ucciso da un commando i giovani neofascisti NAR. L’ufficiale di polizia è l’investigatore che ha compilato tutti i rapporti sul borsello “dimenticato” due anni prima e aveva confidato ad un collega di “saperne abbastanza da far saltare il palazzo”.

    24 marzo 1984:

    un gruppo di quattro rapinatori che si dichiarano appartenenti alle BR compiono una clamorosa rapina alla Brinks Securmark, società in cui il bancarottiere mafioso e piduista Michele Sindona ha una consistente partecipazione prelevando 35 miliardi in titoli e contanti. Anche in questo caso vengono deliberatamente seminati messaggi che rinviano al caso Moro. Uno dei guardiani viene posto a ridosso della parete, sotto un drappo rosso con la scritta “Brigate Rosse” e la stella a cinque punte e viene fotografato come l’onorevole Moro. Prima di andarsene uno dei rapinatori getta a terra una bomba modello Energa (usata nel corso dell’azione per uccidere Varisco); sette proiettili calibro 7,62 NATO, sette spezzoni di catena metallica e sette chiavi (riferimento probabile al comunicato numero 7 “falso” del lago della Duchessa). Gli autori della rapina vogliono forse comunicare di essere le “BR” che hanno fotografato Moro, che hanno redatto il comunicato del lago della Duchessa e che hanno assassinato Varisco ? Due giorni dopo un redattore del “Messaggero” viene invitato dalla solita telefonata anonima a recarsi in piazza Belli per ritirare del materiale interessante. E’ la stessa piazza in cui il 18 aprile 1978 era stato lasciato il falso comunicato numero 7 in seguito a una telefonata al medesimo quotidiano. In un cestino dei rifiuti vengono trovati: altri tre proiettili calibro 7,62 NATO, una busta arancione che contiene due frammenti di foto con il drappo delle BR, un ritaglio dal comunicato n. 1 in codice, un comunicato con intestazione BR che rivendica l’”esproprio proletario” alla Brinks Securmark, alcuni estratti conto bancari e altro materiale frutto della rapina. Sono stati collocati anche gli originali delle schede relative a Pecorelli, Ingrao e Gallucci. Per quanto riguarda quel che i misteriosi rapinatori vogliono comunicare, il messaggio generale non lascia spazio a molti dubbi: BR o non BR, siamo gli autori dei comunicati “apocrifi” del lago della Duchessa – predisposto congiuntamente alla “scoperta” del covo brigatista di via Gradoli – e del comunicato n. 1 in codice firmato “Cellula Romana Sud – Brigate Rosse” e quantomeno complici nell’eliminazione di Pecorelli e Varisco e in altri progetti terroristici.
    Chi sono questi solerti manovali per le “operazioni sporche” ? Chi li manovra o li ingaggia ? A chi indirizzano i loro messaggi ricattatori ? Hanno qualche rapporto con le BR ?

    28 settembre 1984:

    un oscuro falsario e malavitoso romano, tale Antonio Giuseppe Chichiarelli viene freddato da un ignoto killer che ferisce anche la sua amante, Cristina Cirilli. Le indagini su questo assassinio dissiperanno ogni dubbio: Chichiarelli è il minimo comun denominatore di tutti i fatti poc’anzi illustrati.


    Ma chi è Antonio Giuseppe Chichiarelli soprannominato Tony ? Un personaggio alquanto singolare nel panorama del variegato e complesso mondo della malavita romana, apparentemente una sorta di “cane sciolto” disponibile ad ogni tipo di avventura criminale. Abruzzese di origine, Toni ama le auto, le donne, la bella vita e le armi, tutte “merci” che costano molto denaro. Per soddisfare questi bisogni la strada non può che essere una sola e Toni frequenta così l’università del crimine romano. Come tutti inizia con furti, scippi e rapine e, qualche anno più tardi, la sua futura moglie, Chiara Zossolo, una gallerista d’arte, si avvede del suo talento da pittore. Così Toni si specializza nei “falsi d’autore” privilegiando i quadri di Guttuso, De Chirico e Dalì. Riflettendoci bene, Toni è un personaggio che si attaglia alla perfezione a certi risvolti dell’affaire Moro, un mistero italiano contrassegnato dalla simulazione e dalla manipolazione. E’ un talento naturale per la riproduzione di quadri ricercati, ma anche uno dei falsificatori di documenti più quotati sulla piazza. Nel 1977 apre un negozio di macchine da scrivere e di mobili per ufficio. Spirito anarcoide come ben si confà a chi fa il malavitoso, non ha convinzioni politiche solide e precise. Si abbiglia con vestiti casual e si atteggia come un fricchettone, con capelli lunghi, baffi spioventi, come un vero “alternativo”. Frequenta gli ambienti dell’”Autonomia e, soprattutto, il Collettivo di via dei Volsci, quello di Daniele Pifano, già incontrato a proposito del trasporto di missili SAM 7 appartenenti al FPLP di Habbash. Professa ammirazione per la linea politica delle BR di Mario Moretti, ma intanto frequenta assiduamente i bar di via Avicenna e di via Fermi, luoghi di ritrovo dei malavitosi della Banda della Magliana e degli estremisti di destra del gruppo Eur Marconi. Come ogni buon mercenario Toni non si faceva problemi di discriminazione politica. Amico fraterno del giovane falsario era soprattutto tale Luciano Dal Bello, un informatore dei carabinieri e, successivamente, del SISDE, che gli farà conoscere un altro informatore della polizia, Giacomo Comacchio, già indicato per il presunto coinvolgimento nel golpe Borghese. Già nel marzo del 1979 Dal Bello aveva riferito il maresciallo Antonio Solinas del Nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri di un progetto di attentato al Presidente della Camera Pietro Ingrao, lo stesso descritto nella relativa scheda del borsello lasciato appositamente su un taxi. Eppure le segnalazioni non avranno seguito e Toni – insieme ai suoi complici sconosciuti – potrà agire indisturbato fino a quando non verrà ucciso. Sempre secondo Dal Bello l’amico acquista armi dalla base NATO di Napoli e le “affitta” alla malavita. Un’indicazione di estremo interesse e forse decisiva...La pubblicistica sottolinea come Toni Chichiarelli avesse instaurato rapporti di amicizia con noti esponenti della Banda della Magliana come Danilo Abbruciati, Franco Giuseppucci detto “er Negro” ed Ernesto Diotallevi. Sodalizio criminale cementato alla fine degli anni Settanta da alcune “batterie” di piccoli ma ambiziosi delinquenti, la Banda della Magliana aveva finito per conquistare a suon di pistolettate il monopolio della piazza di spaccio romana, consentendo, quindi, ai boss di trattare da pari a pari con gli emissari di Cosa Nostra siciliana, della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo e dell’Ndrangheta calabrese. Non solo... L’ambizione dei boss emergenti li spinge a coltivare una fitta rete di rapporti con i personaggi e gli ambienti romani che contano; dalla politica alla magistratura, dai settori dei servizi segreti alla polizia, dai piduisti ai cardinali, ecc... Le simpatie destrorse inducono i boss della Magliana a stringere alleanze con i giovani neofascisti romani, dopo il tentativo abortito del prof. Semerari di costituire invece un’alleanza stabile. Ciò non esclude automaticamente che, per espandere i propri affari, non si siano avvicinati agli ambienti della lotta armata brigatista e dell’estrema sinistra in generale. Fra gli spietati criminali della Banda della Magliana, sembra che Toni Chichiarelli avesse privilegiato il rapporto con Danilo Abbruciati, il più esperto del gruppo. Passato da rapinatore, Abbruciati si era poi dedicato allo spaccio di droga e ai sequestri di persona associandosi con gangsters di prima grandezza come i marsigliesi Bergamelli e Berenguer e come il milanese Turatello. In quegli anni sono in atto grandi cambiamenti nella metropoli romana e il tasso di violenza presente in tutti gli strati sociali si accresce insospettabilmente. Così non sorprende che cominciò a prendere quota una nuova generazione di malavitosi dal grilletto facile, disposti a qualunque azione pur di portarsi a casa il bottino. La Banda della Magliana si offre al migliore offerente che appalta quei “lavori sporchi” che nessuno potrebbe accollarsi specie all’interno delle istituzioni. Raccoglie l’eredità dei marsigliesi a cui erano stati appaltati anche attentati e sequestri di persona targati P2 e neofascismo. Fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta non c’è mistero d’Italia che coinvolga, seppure tangenzialmente, il consorzio delinquenziale romano. Retroscena inquietanti dell’affaire Moro, degli omicidi Pecorelli, Varisco e Straullo, della strage alla stazione di Bologna e quella del Rapido 904, del sequestro dell’assessore campano Cirillo, della morte del Presidente dell’Ambrosiano Roberto Calvi e del ferimento del vice, Roberto Rosone, ecc... Fra tutti i boss, Abbruciati – legato alla “batteria” dei testaccini – è forse il più enigmatico e sfuggente. Secondo le testimonianze di alcuni colleghi, sarebbe diventato uomo di fiducia del boss mafioso Pippo Calò che lo avrebbe iniziato come “uomo d’onore”. Calò non è una figura secondaria di Cosa Nostra, anzi, ne è l’”ambasciatore romano”, colui che tiene i contatti con gli ambienti politici ed economici della capitale e che ricicla i proventi dell’organizzazione. Tale incarico viene mantenuto sia con la vecchia mafia “perdente” dei Bontade, Badalamenti, Inzerillo, sia con gli emergenti corleonesi. Dietro la falsa identità dell’antiquario Mario Aglioloro, Calò probabilmente non rifiuta di accollarsi delicati servizi di natura criminale. Il 27 aprile 1982 Abbruciati si reca a Milano per compiere un attentato contro il vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone, ma qualcosa non va per il verso giusto e una guardia giurata lo colpisce mortalmente mentre si sta allontanando a bordo di una motocicletta. Quest’azione non era stata concordata con nessun componente della Banda della Magliana che, anzi, rimane all’oscuro dei movimenti di Danilo. Da buon “uomo d’onore” può aver obbedito a Pippo Calò, il suo padrino... In quella primavera del 1982 quello che è stato dipinto come il banchiere della P2 e del Vaticano, Calvi, è diventato un uomo molto pericoloso, perché l’Ambrosiano rischia il crac e lui stesso è ormai fuori controllo. “Suicidato” a Londra il 18 giugno 1982 allestendo una messinscena densa di simbologia massonica, Calvi è vittima della cointeressenza di poteri “forti” e “occulti”... Il delitto è stato probabilmente al solito Calò che ne ha affidato l’esecuzione a sicari della mafia siciliana o della camorra napoletana. Tracce della Banda della Magliana vengono lasciate nel tragitto di Calvi verso la morte. La stessa criminalità organizzata nostrana ha qualche interesse a mettere a tacere definitivamente il banchiere meneghino...Non sono mai state raccolte le prove definitive e stringenti per identificare chi commissionò e volle la rapina alla Brinks congegnata e realizzata da una banda capeggiata dal falsario Toni Chichiarelli. Il commercialista del falsario, Osvaldo Lai, sostenne che l’azione criminale con tanto di messaggi ricattatori era stata ordinata da un misterioso personaggio della P2 vicino a Sindona interessato ad alcuni documenti rinchiusi nel caveau. Certo è che un coinvolgimento di Pippo Calò è tutt’altro che implausibile: una sorella di Cristina Cirilli, l’amante di Toni, era legata sentimentalmente a Nunzio La Mattina, uno degli uomini del boss di Porta Nuova. In quel 1984 gli inquirenti e le forze dell’ordine avevano avviato un’offensiva senza precedenti contro la mafia siciliana e la camorra napoletana senza precedenti effettuando un gran numero di retate e di arresti. Senza contare che Tommaso Buscetta, il “boss dei due mondi” e membro di primo piano della stessa cosca a cui si era affiliati Calò, stava ricostruendo la struttura di Cosa Nostra e le sue relazioni di fronte ai magistrati italiani e americani. Perché, allora, non seminare avvertimenti nei confronti di coloro che con la criminalità organizzata fecero patti e di cui si servirono per i servizi più “sporchi” ? Così può essere interpretata la rapina alla Brinks Securmark così densa di richiami al caso Moro e agli assassinii di Pecorelli e Varisco come pure la “strage di Natale”, l’attentato dinamitardo del Rapido 904 Napoli - Milano all’altezza della galleria di San Benedetto Val di Sambro. Quasi esattamente dieci anni prima un altro treno, l’Italicus (4 agosto 1974) venne colpito da un attentato stragista. La Commissione di Inchiesta Parlamentare sulla loggia Propaganda 2 nella sua relazione di maggioranza rilevò la responsabilità del gruppo massonico di Licio Gelli, quantomeno come retroterra culturale degli attentatori. Gelli avrebbe finanziato i gruppi neofascisti toscani tramite Augusto Cauchi che, poi, sarebbe espatriato in Spagna. Su questa vicenda è stato apposto il “Segreto di Stato”. Secondo una delle figlie di Moro, Maria Fida, l’autentico obiettivo di quell’attentato sarebbe stato proprio suo padre che avrebbe dovuto raggiungere la sua famiglia per le vacanze in Trentino. Ancora una volta come nella lunga catena dei messaggi disseminati da Chichiarelli nel corso degli anni, verrebbe rievocato il fantasma di Moro... In base alla risultanze processuali il boss Calò era il mandante della “strage di Natale” che, in qualche modo, rinvierebbe a quel sodalizio criminale composto dalla mafia siciliana, dalla camorra napoletana e dalla Banda della Magliana. Una chiamata in correo per antichi complici...Ma se Toni e i suoi accoliti si sporcarono le mani, chi ne suggerì le azioni?
    Nel 1991 il deputato di Democrazia Proletaria Luigi Cipriani, membro della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle stragi e sul terrorismo raccolse le confidenze di Pierluigi Ravasio, un parà che faceva parte di un nucleo speciale all’interno del SISMI, simile alla GLADIO, che avrebbe preso parte alla ricerca della “prigione” brigatista in cui era rinchiuso Moro. Secondo la versione di Ravasio, sostanzialmente confermata, qualcuno, all’interno degli ambienti studenteschi dell’Università La Sapienza, avrebbe allertato i servizi sull’imminente operazione brigatista. Il colonnello Camillo Guglielmi dell’Ufficio Protezione e Sicurezza del SISMI si sarebbe recato in via Stresa da dove assistette al compimento della strage della scorta dell’onorevole Moro e al prelevamento dello stesso. Una strana condotta... Guglielmi aveva precedentemente svolto il compito di istruttore dei “gladiatori” presso la base di Capo Marrargiu ove avrebbe tenuto corsi sulle “tecniche di imboscata”. Con ogni probabilità il colonnello – da esperto in materia – doveva semplicemente osservare la scena e riferire a chi di dovere... V’è da aggiungere che il marchio della GLADIO e della STAY BEHIND è spesso impresso nei retroscena dell’affaire Moro. Un appunto della Questura del 27 settembre 1978 classificato “segretissimo” riportava che la perizia balistica effettuata sui bossoli recuperati in via Mario Fani – luogo dell’imboscata a Moro e alla sua scorta – aveva stabilito che ben 39 dei 92 proiettili provenivano da uno stock di munizioni speciali per forze non convenzionali e allocati in un deposito dell’Italia settentrionale. Quel documento faceva forse riferimento a un NASCO in dotazione alla rete paramilitare atlantica STAY BEHIND ? In passato dai NASCO era stato prelevato esplosivo utilizzato negli attentati attribuiti poi ad organizzazioni terroristiche neofasciste. Qualcuno si serviva della struttura STAY BEHIND per alimentare gli “opposti terrorismi” ? Il diretto superiore di Guglielmi, il generale piduista Pietro Musumeci, direttore dell’Ufficio Protezione e Sicurezza e braccio destro del direttore piduista del servizio Santovito, è stato indicato come uno degli ispiratori del falso comunicato del lago della Duchessa dal senatore Flamigni. Il giovane brigatista Roberto Buzzati identificò in lui l’uomo che, nel 1981, incontrò l’ambiguo capo delle BR movimentiste Giovanni Senzani, sospettato di connessioni con i servizi di intelligence americani e francesi e teorico dell’alleanza con la malavita. L’affaire Moro si carica di ambiguità, ma quel che pare fuori discussione è quantomeno la mancanza della volontà di trarre in salvo lo statista democristiano fautore del Compromesso Storico. Ravasio rivelò all’onorevole Cipriani che alcuni membri della malavita romana avevano collaborato con i servizi segreti e, per questo, vennero ricompensati lasciando loro mano libera nel compimento di alcune rapine. Una avvenne nel 1981 all'aeroporto di Ciampino, quando malavitosi travestiti da personale dell'aeroporto sottrassero da un aereo una valigetta contenente diamanti provenienti dal Sudafrica. Una seconda avvenne nei pressi di Montecitorio dove furono aperte molte cassette di sicurezza e da alcune, appartenenti a parlamentari, furono sottratti documenti che interessavano il Sismi. Forse anche la rapina alla filiale della Chase Manhattan Bank dell’Eur messa a segno dai NAR il 27 novembre del 1979. Il bottino in traveller cheque venne riciclato dalla Banda della Magliana. L’ipotesi della connessione fra settori dei servizi segreti di casa nostra e la holding romana del crimine è tutt’altro che peregrina se si pensa che alcune delle armi usate per assassinare Pecorelli e il colonnello Varisco e il mitra Mab utilizzato per depistare le indagini sulla strage alla stazione di Bologna provenivano dal deposito di via Liszt allestito dai boss della Magliana. E’altrettanto chiaro che un mafioso o un malavitoso non agisce se non per proprio tornaconto...Comunque le sorprese non sono finite...Secondo la testimonianza di un amico, Toni Chichiarelli si vantava di aver fatto parte dell’organizzazione brigatista e di aver avuto un ruolo di un certo rilievo. Di primo acchito il fatto che il falsario annoverasse numerosi amici nella Banda della Magliana e che frequentasse alcuni neofascisti romani farebbe propendere per un tentativo di depistaggio. D’altronde anche le operazioni a cui Chichiarelli ha preso parte paiono contenere segni ed indizi per istradare gli inquirenti sulle piste brigatiste. Questa interpretazione non convince, perché se chi ha “dimenticato” il borsello sul taxi dopo il delitto Pecorelli e ha condotto la clamorosa rapina alla Brinks Securmark voleva mettere in atto dei depistaggi per gettare la responsabilità sui brigatisti, avrebbe scelto mezzi meno contorti... Invece più che incolpare i brigatisti, come abbiamo visto, gli autori di queste azioni volevano lanciare messaggi a chi aveva gli strumenti e la conoscenza per comprenderli. Chichiarelli era veramente estraneo alle BR ? Sicuramente lui o chi gli ha fornito tutti i mezzi per portare a termine con successo le varie azioni aveva una conoscenza profonda di molti retroscena dell’affaire Moro e altri casi criminali e terroristici ad esso collegati probabilmente per il semplice fatto di essere direttamente coinvolto. Ad esempio la marca di fazzoletti Paloma si riferiva al tamponamento delle ferite mortali inflitte a Moro, circostanza ignorata da Germano Maccari, il fiancheggiatore delle BR che si attribuì la responsabilità dell’esecuzione di Moro. Per quanto riguarda i due frammenti di fotografia fatti trovare nell’immediatezza della rapina miliardaria alla Brinks, nel 1988 la giornalista di “Panorama” Marcella Andreoli avanzò un’ipotesi tanto suggestiva quanto inquietante e ragionata: i frammenti venivano da fotografie scattate all’onorevole Moro. In tal caso Chichiarelli – che, in effetti, si sarebbe vantato con uno dei suoi complici – poteva essere entrato nella “prigione” brigatista e aver fotografato Moro. Ciò implicherebbe una complicità di Chichiarelli con i brigatisti, ma il falsario è anche coinvolto nella redazione del falso comunicato del lago della Duchessa, un’operazione promossa dall’esperto americano Pieczenik e realizzata dal trust di specialisti piduisti dei comitati del Ministero degli Interni. Gli elementi della malavita romana e della Banda della Magliana – con forti entrature presso il boss mafioso Pippo Calò – rappresentano l’anello di congiunzione fra organismi dello Stato e quelli atlantici e le BR ? Certo è che negli ultimi giorni di agonia di Moro si era diffusa la voce che l’ostaggio era stato consegnato a criminali comuni... Un’ultima curiosa annotazione – suggestiva ma non convalidata e comprovata – è stata fatta anni fa dalla giornalista Rita Di Giovacchino nel suo “Scoop mortale” (Tullio Pironti – 1994). Se tutti i comunicati – compreso quello del lago della Duchessa – erano stati dattiloscritti con la stessa testina rotante, non è possibile che Chichiarelli frequentasse la tipografia brigatista di via Pio Foa ? Insomma, secondo la giornalista la tipografia brigatista fungeva anche da “ufficio occulto” dei servizi segreti. In effetti nella perquisizione la polizia trovò una curiosa macchina stampatrice modello AB – DIK 260T che veniva dal RUS – il Raggruppamento Unità Speciali del SISMI -, l’unità che si occupava di gestire GLADIO e le forze speciali. Un’altra circostanza incredibile, dopo i proiettili provenienti da un NASCO... La macchina stampatrice del RUS sarebbe stata sottratta dal colonnello Federico Appel che morì poco dopo l’avvio del processo per peculato. Sarebbe stato lo stesso capo brigatista Moretti a portare la stampatrice in via Pio Foa. Anche in questo caso non stupisce che gli inquirenti si siano tenuti alla larga dalla tipografia brigatista tanto a lungo, per effettuare arresti e perquisizioni solo dopo la morte di Moro. L’indagine aveva preso avvio dalla segnalazione del brigatista Teodoro Spadaccini, già avvistato in via Gradoli, nei primi giorni del sequestro. Il titolare della tipografia, tale Enrico Triaca verrà difeso e rappresentato in sede legale da un certo avvocato Alfonso Cascone, un trockista ed informatore della cosiddetta “rete degli extraparlamentari” del Viminale coordinata dall’ ex comunista e poi socialdemocratico Lino Ronga, uomo di fiducia di Federico Umberto D’Amato. L’avvocato Cascone assumerà anche la difesa di Giuliana Conforto, redattrice della rivista dell’Autonomia “Metropoli”, figlia della spia “doppiogiochista” del KGB Giorgio Conforto e amica di Luciana Bozzi, la donna che aveva affittato l’appartamento di via Gradoli 96 all’ingegner Borghi alias Mario Moretti. Le due donne avevano frequentato il Centro Ricerche Nucleari della Casaccia. Dall’articolo di Pecorelli su OP del 25 aprile 1978 “Il 7° messaggio e il n. 7 bis sono stati scritti entrambi dalle BR. I nostri servizi segreti, il trust dei cervelli del Ministero degli Interni non avrebbero avuto la fantasia, il coraggio di tentare il “bluff della Duchessa”. Ciò significa che all’0interno delle BR esistono due fazioni che perseguono strategie e (forse fini) diversi...”Se questa considerazione espressa con la consueta e ficcante ironia – l’incapacità del trust dei cervelli – è corretta, dobbiamo forse intendere che esisteva una fazione delle BR eterodiretta o, comunque manovrata da frange dei servizi? In questo senso bisogna ammettere che Chichiarelli si è dato ben daffare per lasciare messaggi che alludevano a “BR spurie”. In quel periodo Mr. Stark non poteva certo aver conosciuto il falsario romano, ma...


    Edited by JimMorrison84 - 22/7/2022, 22:16
435 replies since 7/1/2012
.