Sneak JB Fellowship

Votes taken by JimMorrison84

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    @Samuele Ti ha detto la fonte di ispirazione del film, che voglio dire, è interessante, visto che Alan Moore non è che era l'ultimo degli scemi, che a sua volta si è ispirato a Stephen King che è uno dei geni contemporanei viventi...
    Tra l'altro nulla esclude che entrambi gli autori abbiano inserito alcuni elementi che in qualche modo ritenevano reali nella finzione.
    @ Provaforense ti chiedo di portare rispetto a Samuele, anche perchè credo sia persona parecchio più anziana di te, ed in ogni caso il suo post proponeva delle considerazioni interessanti, a prescindere da chi sia l'autore, per cui evitiamo toni di presa in giro gratuiti.
    Potevi dire allo stesso modo: "Ma lo sai che la fonte di ispirazione del film era..."
    Il modo in cui si dice una cosa determina anche il modo in cui ti poni verso il tuo interlocutore.
    "Ma almeno l'hai capito", suona come sei sufficientemente intelligente per ? Che effettivamente, ad una persona più grande, può dar fastidio.
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    CITAZIONE (Provaforense91 @ 25/5/2022, 17:35) 
    A prescindere da come la penso,faccio i complimenti a Dedo per le ricerca fatta su JB,il killer di Anzio e la dichiarazione Virgillito sono state due bombe,in un video lui diceva di aver fatto due semplici click, sarà anche vero ma ha permesso agli appassionati di inquadrare JB in un determinato contesto storico.

    Inviato tramite ForumFree Mobile


    Puoi dirlo forte...
    Quelle che hai indicato, sono scoperte fatte da Dedo, che tutto il forum gli riconosce...

    @Samuele
    Non son del tutto d'accordo con te, le pedine sono altre...
    Per me JB, sebbene magari non vertice assoluto, era a mio modesto parere un pezzo importante, al quale è stata concessa molta autonomia e libertà di pianificazione, e di gestione, ovviamente sempre stando entro certe direttive primarie.
    Poi non sono sicuro che tutto facesse parte del piano, credo che alcune cose siano andate fuori controllo diciamo... la mia idea è che il quadro sia mutato nel tempo seguendo gli andamenti storici e relative conseguenze, ma questo è un discorso più lungo e complesso.
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    CITAZIONE (Provaforense91 @ 25/5/2022, 16:21) 
    Hai ragione Jim,non voglio rovinare l'armonia e il rispetto che si sono creati in questo forum,mi dà soltanto sui nervi la saccenza di alcuni "esperti" che probabilmente in vita loro hanno solo approfondito questo caso, infischiandosene bellamente della casistica mondiale.
    le lettere di sfida agli inquirenti non le mandava solo Zodiac(mostro),già alla fine dell'800 in epoca Vittoriana troviamo il famoso Jack lo squartatore,uno dei primi serial killer a allegare i feticci nelle missive(mezzo rene della vittima).
    l'assassino di Whitechapel godeva nel terrorizzare l'opinione pubblica londinese,tutti i giornali dell'epoca ne parlavano quindi si può supporre che fu il primo SK mediatico della storia.
    La figura di GPV è molto controversa,se non fosse uscito fuori JB sarebbe sicuramente l'unico personaggio entrato nelle indagini ad avere il phisique du role:era addestrato militarmente,più scaltro dei CDM e possedeva svariate armi,tra cui una Cal 22 High standard e forse la Beretta.
    Ritengo che sia un sospettato credibile come spalla killer di JB.

    Inviato tramite ForumFree Mobile


    Vai tranquillo...
    Come ho detto tante volte, ho voluto sempre lasciare totale libertà sull'avanzare le proprie ipotesi ed argomentarle.
    Poi si è liberi di dissentire, ignorare, oppure interagire se si ritrova qualcosa che si ritiene interessante.
    E sono felice che questo posto tende a non assorbire e riflettere tutta la tossicità che gira sui canali di comunicazione digitali oggi giorno...
    Cerchiamo di mantenerlo tale ;)
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    CITAZIONE (Samuele Burlamacchi @ 25/5/2022, 14:59) 
    L'avvocato di Firenze, al quale si rivolse Vigilanti e di cui parla l'articolo è, guarda caso, Pietro Fioravanti, ovvero uno degli storici legali del Pacciani. Il figlio Alessio, anch'egli avvocato, su Facebook mi scrisse : Tra i tanti avvocati che c'erano, proprio mio padre doveva scegliere 😂 ?
    Particolare che lo stesso Legionario riporta nella trasmissione " Il bivio", condotta da Enrico Ruggeri.

    Incredibile ehehehhe...mi era sfuggito questo particolare, in effetti l'articolo non lo specificava
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    CITAZIONE (Samuele Burlamacchi @ 25/5/2022, 13:08) 
    Quindi, fatemi capire : tra le righe avreste detto che GPV sia andato a battere cassa da JB, per non si sa quale servizio reso? E addirittura, per far ciò, andò pure in televisione, su Italia1 da Enrico Ruggeri, a parlare di questa fantomatica eredità, portandosi in studio pure il cane? Ammetterete che come ipotesi è suggestiva. In pratica avrebbe inviato un messaggio a chi di dovere, per cercare di riscuotre " tanti bei dollàri"?
    P.S. Ah... Provaforense91, ho cancellato i miei post polemici, perché oggettivamente erano un po' fuori luogo. Nema problema tovarisch ✊

    Assolutamente sì. Spiegami sennò altrimenti...se mi trovi il cugino Joe americano di Vigilanti (chiedo scusa, ho verificato che era un fantomatico cugino non zio), tanto di cappello! Da quello che so, ci hanno provato vari giornalisti e nulla si trova, dalle notizie in mio possesso è una fake news conclamata.
    La cosa incredibile, è che questo fantomatico cugino, non esistente, GPV l'ha proprio chiamato Joe come testimonia questo vecchio articolo che riporta la menzogna in questione:
    https://ricerca.gelocal.it/iltirreno/archi...9/10/LF403.html
    Un altra coincidenza! Questo forum è la fiera delle coincidenze!
    Quindi sì, direi un ricatto reiterato, ogni tot.
    Mi stupisco che ti stupisci, non è la prima volta che andiamo su questo argomento.

    Ps: Grazie Samuele di aver moderato i toni con Provaforense, anche perchè sei un utente che apprezzo, e preferisco vederti in armonia con gli altri ;)
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    Bravo Dedo ad aver riportato questa importantissima testimonianza!
    Stavo pensando, se siete d'accordo, nominiamo il Colonnello Giraudo Eroe Onorario del forum :)
    In effetti sarebbe bello intervistarlo su Virgillito...
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    Suvvia, va bene le prese in giro, ma rimanete entro certi limiti, con reciproco rispetto. Cosa che al momento già state facendo.
    Confrontatevi correttamente sulle cose su cui siete in disaccordo.
    L'ultima cosa che voglio è che questo forum si trasformi in quella rissa da bar che era l'altro. Anzi ho fatto proprio questo, per salvarvi dalla rissa da bar.
    Alla fin fine il nodo su cui discutete non è banale. Ed effettivamente allo stato attuale, ancora molti di noi, sono in disaccordo.
    Non si hanno prove sufficienti a riguardo per poter delineare il quadro completo.
    Se vuoi la mia impressione Provaforense, difficile pensare che GPV sia estraneo ai fatti, visto il pesante quadro indiziario nei suoi confronti (tendenzialmente specifico sul caso Mdf).
    Su JB il quadro non si ferma solo a quel caso.
    Anche se più volte visto la caratura dei personaggi a confronto, ho detto che è difficile sbagliare nel definire il rapporto tra i due.
    Se GPV ha avuto qualcuno che gli ha insegnato qualcosa in macabre tematiche, quello è proprio lo Zio Joe D'America fantomatico che gli doveva lasciare l'eredità...
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    CITAZIONE (Luca282 @ 22/5/2022, 04:10) 
    Salve a tutti,vi chiedo di ascoltarmi attentamente.La verità è chiara ed evidente.Per confermare tutto basta fare una semplice cosa,mostrare quelle foto al povero Baldo Bardazzi,che confermerebbe perchè è ovvio che lui,il solo rischio è che gli potrebbe venire un infarto.Potremmo farlo,avrei potuto farlo,ma perchè non lo abbiamo fatto e nessuno ha avuto il coraggio di farlo?Perchè a quel punto non si può tornare indietro.Sono un appassionato di Sociologia,ho una conoscenza,una mentalità e una forte appartenenza a quella che più semplicemente si può definire società.Una storia come questa,e sappiamo quello che ha fatto(Zodiac,Mostro di firenze,prostitute ad Anzio,Alessandra Vanni,senza ombra di dubbio,probabilmente persino Piazza Fontana)e chissà quanti altri delitti.Questa storia toccherà tante persone,tanti ragazzi di oggi e del futuro.È questo il messaggio che dobbiamo passare?(Spesso in un era dei social ci dimentichiamo che nel mondo esistono le persone reali(!),apriteli questi occhi,è una storia italiana e se esce sconvolgerà milioni e milioni di persone,del presente e del futuro)il male vince sul bene,che la giustizia non esiste?La giustizia se ci sarà,sarà solo divina,indipendentemente.Quindi perchè???quelle persone dobbiamo difendere,le persone più sensibili i ragazzi,le ragazze,del presente e del futuro,le donne che ne verrebbero toccati e che ne uscirebbero sconvolti,non sottovalutate questa cosa!Proprio ieri ho guardato Better Call Sall,(serie molto famosa)e in una sua puntata(6°,6° stagione) ha citato proprio il Killer dello Zodiaco.La mistificazione che farebbero su quest'uomo,sarebbe incredibile!È inevitabile.Manca solo una cosa affinché il suo piano si concretizzi,questo!Perchè riportare alla luce fatti di tantissimi anni fa,e che nonostante siano passati tantissimi ancora sono nell'immaginario collettivo di tante persone!Fatti che devono scomparire nell'immaginario collettivo e non entrarci con ancora più forza!
    Mettete l'ego da parte,anche a me fa incazzare quando quel coglione di Cochi prende in giro Amicone,quando qualcuno fa teorie che sono stronzate e stronzate o che ride al nome del maledetto, prendendola per una cazzata.La mistificazione su quell'uomo sarebbe mondiale,non lo fate,gli fareste il più grande favore della vita!E a quel punto non si può più tornare indietro. Vi chiedo di rifletterci

    Ciao Luca, benvenuto sul forum, spero ti troverai bene. Ritengo che alcune osservazioni che hai fatto non sono banali, anche se sono prive di ciò a cui non sono nemmeno io arrivato, e motivo per cui sto in una sorta di stasi a riguardo...ovvero, una volta raggiunto questa sorta di inizio di un percorso che forse assurge ad esser la cosa più vicina alla verità, cosa farci? Come utilizzarlo nella maniera più giusta?
    Perchè come dici te mi sono reso conto che per ragioni di forza maggiore,in quel lasso di tempo che ha ospitato quegli eventi, il male ha vinto.
    Alla fin fine cosa ho deciso?
    Che forse una presa collettiva di coscienza sulla reale verità storica è l'unico valore perseguibile, ed è patrimonio di tutti, motivo per cui esiste questo forum.
    Se uno mettesse in pratica la tua soluzione non esisterebbe la ricerca storica e quindi la storia.
    Se un fatto è orribile, lo rimuovi per cercare di salvare l'immaginario collettivo?
    Io direi lo stigmatizzi per quello che è. Sennò a questo punto, ci possiamo dimenticare delle ultime due guerre mondiali?
    Immagino che gli ultimi meccanismi di protezione che ostacolano il raggiungimento totale di questa verità storica cesseranno quando non potrà esistere nessuna verità giudiziaria, e relative responsabilità.
    Ciò che ne deriverà verrà mistificato?
    Sì probabilmente, l'essere umano è in grado di mistificare e sfruttare in maniera discutibile qualsiasi cosa...
    Ma magari ne uscirà qualcosa di buono...negli ultimi tempi sono stato molto felice di vedere ulteriori conferme arrivare dall'ottimo lavoro di Valeria Vecchione-Amicone-Magnotta.
    Vediamo che succede...

    Post scriptum: Anche io sono un fan di Saul, quando ho visto il libretto in codice del veterinario e sentito la battuta di Saul, ho pensato, a Vince Gilligan servono aggiornamenti!
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    Grazie Samuele per il riferimento, per il link e l'indicazione precisa ;)
    Me lo vedo volentieri
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    CITAZIONE (Samuele Burlamacchi @ 21/5/2022, 19:11) 
    FB_IMG_1593019680232_0FB_IMG_1593784724886
    CITAZIONE (doctor1949 @ 21/5/2022, 17:34) 
    Per Samuele Burlamacchi.....Ti chiedevi come mai GPV mostri l'High Standard nella foto. Perche' uno che ricatta , e ' evidente anche al mio cane Cesare che lo stia facendo, inventando lo zio Joe americano, sa che arma ha usato lo zio Joe in Usa. E non e' escluso che l'abbia usata anche qui. Un perito balistico e' capace di qualsiasi manipolazione e chimerizzazione di un'arma. Dal 1981 non agi' da solo. In quei 7 anni ( dal 1974 al 1980) deve aver intessuto rapporti importanti con i guardoni della Provincia. Perche' tutti coloro che entrano a vario titolo nella vicenda come indagati o sospetti sono " indiani" .

    Sì.... però lui potrebbe replicare che ha mostrato quell'arma, in quanto era l'unica pistola che possedeva allora ( delle altre non sappiamo quando è come ne sia venuto in possesso), per giunta acquistata di seconda mano, da chi sappiamo. Supporre cosa pensasse il Legionario nel 1998 e quali messaggi volesse lanciare è cosa ardua, in assenza di elementi più concreti. GPV è JB di conoscevano? Chi può dirlo? Più probabile la conoscenza tra l'americano e il Vampa, stante il " Giuda", proferito da quest'ultimo al processo del 1994

    Ci sono due frequentazioni che sarebbero da dimostrare, ma è molto difficile, perchè le persone in questione penso si sono guardate bene dal lasciare tracce nei tempi che furono...
    La frequentazione tra JB e GPV, e quella tra JB e FMB...
    Magari una bella foto di tutti e 3!
    JB e FMB immagino che non hanno motivo di conservare un documento così compromettente se non per motivi affettivi...
    GPV invece penso ci avrebbe fatto un assicurazione sulla vita, dandola ad un notaio, da inviare a varie persone in caso di morte...
    Alla fin fine, del mio lavoro, questo è quello che penso...che coincide molto con la visione di Carlo Palego, anche se lui pensa ci sia anche ODA nel trio e potrebbe anche aver ragione.
    Ipotizzo che il vertice (al momento noto) è JB , in una posizione anche superiore ad FMB.
    Penso anche che forse abbiamo avuto un legame sotterraneo.
    Penso che oltre a questo JB (per conto CIA o DIA) FMB (per conto del prima SID poi SISMI) siano stati altissimi referenti del progetto Gladio e della rete Stay Behind, anche in ambito di progetti NATO (cosa su cui ho dedicato diversi approfondimenti).
    Vorrei anche precisare che ipotizzo il fatto che JB sia stato Zodiac (all'insaputa di tutti) e successivamente il MDF (e forse pure altro) coinvolgendo anche altre persone, inoltre tutta la situazione potrebbe essere andata fuori programmazione rispetto altre faccende che gli erano state affidate...
    Potrebbe essere stato un effetto collaterale, una maniera per creare ulteriori legami indissolubili, con persone coinvolte in faccende altrettanto torbide.
    Questo per non essere messo nel calderone dei soliti luoghi comuni: il MDF è un operazione dei servizi.
    La giusta affermazione ritengo sia: il MDF era un operazione sviluppata da persone addentro i servizi da molto tempo. Come Zodiac è stata un operazione sviluppata probabilmente (ma non ne abbiamo la certezza) da una persona che forse in quegli anni stava muovendo i primi passi nella CIA/DIA dopo essere stato nel CID...
    Anche se su questo non ne ho certezza sinceramente su quando esattamente, e per quanto, e con quali diverse agenzie JB abbia operato...ma sono abbastanza sicuro che lo abbia fatto.

    Edited by JimMorrison84 - 21/5/2022, 20:06
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    CITAZIONE (Cittadino Amico @ 19/5/2022, 21:55) 
    Ciao! Ci ho messo 3 mesi a leggere tutto ma ne è valsa la pena, avete fatto un lavoro enorme.
    Questo è il link www.youtube.com/watch?v=41uqJiNqtqk puoi andare direttamente a 1:39:40. Stranissimo che di fronte a dichiarazioni così pesanti nessuno rizzi le antenne dal momento che in questi due soggetti c’è la quasi totalità dell’enigma. Si va avanti tranquillamente come se Luciano avesse detto che gli hanno riferito di personaggi che andavano a cambiare l’acqua alle olive. In più questo massone/iniziato è andato diretto su bevilacqua e vigilanti quando avrebbe potuto tranquillamente sparare due nomi inventati o dire semplicemente è tutto top secret lascia stare.

    Grazie mille Cittadino amico per i complimenti ed il contributo...ora mi vedo bene questo link ed intervista riportata ;)

    CITAZIONE (Cittadino Amico @ 20/5/2022, 01:20) 
    esatto, un sistema di deviati eccellenti tutti indenunciabili tra di loro, e a questo aggiungo anche la necrofilia. Poi e' facile insabbiare dal momento che le prove spariscono grazie alle mille mani invisibili e l'archiviazione arriva very easy.
    Ma poi Domenico Maria Rizzuto che fine ha fatto? a me sembra che lo abbiano tramutato in polvere sottile visto che aveva capito lo schifo e la malvagita' che stava in quel maledetto Forteto, e ritorniamo quindi di nuovo alla pedofilia, sempre la stessa storia.

    andando un attimo off topic, volevo chiedere se avete informazioni in merito all'utilizzo della misericordia e di ambulanze durante gli omicidi?

    Se mi parli di ambulanze, la prima cosa che mi viene in mente è l'Allegranti e le sue testimonianze degli episodi che gli sono avvenuti dopo la messa in atto della trappola delle finte dichiarazioni in fin di vita della vittima all'Allegranti stesso pensata dal Pm SDM.
    Ne ho parlato a lungo, penso che sia un chiaro segnale che il MDF (e chi al suo fianco lo aiutava) aveva una capacità di reperire informazioni più efficiente delle forze dell'ordine, paragonabile ai servizi segreti...
    Fa riflettere che Allegranti fu rintracciato dalle telefonate del MDF durante una vacanza in un albergo in zona Rimini, nel triangolo d'oro del baseball, molto vicino a dove ha agito il Mostro di Modena, molto vicino a dove è avvenuto l'assassino della Francesca Alinovi (avvenuto lo stesso giorno della trasferta in loco del Nettuno baseball), la strage di Bologna (avvenuta lo stesso giorno della trasferta in loco del Nettuno baseball)

    Post scriptum:

    Grazie Cittadino Amico, ho ascoltato il frammento dell'intervista che ci hai segnalato.
    Incredibile che anche dalla testimonianza indiretta di Luciano Malatesta ne esce un quadro perfettamente collimante a quello a cui siamo giunti qui da molto tempo..

    Edited by JimMorrison84 - 21/5/2022, 20:21
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    Ti ringrazio per i complimenti, si in effetti si parla di un quadro abbastanza complesso.
    Ho visto le recenti interviste a Luciano, e mi hanno molto colpito.
    Su JB ormai io rispondo sinteticamente:

    - Ho trovato il suo nome e cognome sulle ultime 18 lettere del cipher 408 di Zodiac vedi link https://jbinvestigation.forumfree.it/?t=78135430

    - Nella storia del Mdf ci si è messo da solo, basta guardare la testimonianza, e dove abitava rispetto l'ultimo duplice omicidio (sito godente di extraterritorialità).

    Poi si possono aggiungere un altro centinaio di circostanze e coincidenze...
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    CITAZIONE (dedobiker @ 27/1/2022, 15:33) 
    <vi posto questo articolo di LaRepubblica. Vedrete quando il quadro che abbiamo raccontato stia lentamente entrando nel mainstream. Giraudo inarrestabile come sempre. Buona lettura.


    Quando l'hanno battuta le agenzie, poco prima di Natale, la notizia ha faticato a conquistarsi una breve. Due chiusure indagini per la strage di piazza della Loggia e due nuovi e semisconosciuti estremisti di destra accusati di aver messo la bomba che dilaniò Brescia alla fine del maggio di 48 anni fa, uccise otto persone, ne ferì un centinaio, inaugurò l'ennesima stagione dello stragismo di mano neonazista con la complicità di pezzi dello Stato. Già perché ha già due colpevoli, quell'attentato, arrivati però soltanto con la sentenza di Cassazione del 2017. Uno, Carlo Maria Maggi, ex capo dell'organizzazione neofascista "Ordine Nuovo" nel Triveneto, è morto l'anno dopo. L'altro, Maurizio Tramonte, la fonte "Tritone" del Sid (l'allora servizio segreto militare), sta ancora combattendo la sua battaglia per la revisione del processo. Per questo, le storie di Marco Toffaloni e Roberto Zorzi - che sono appunto i due accusati dell'ennesima indagine della Procura di Brescia - potrebbero benissimo essere due note a margine della storia nera d'Italia. Invece, nelle 280mila pagine (mal contate) di atti depositati in Tribunale, e consultati integralmente da Repubblica, c'è molto altro. C'è la consueta ricerca documentale del "secondo livello" (quello degli uomini incardinati nelle istituzioni italiane) e ci sono nomi e cognomi di ufficiali degli apparati: Sid, Carabinieri, Polizia. Ma c'è, soprattutto, l'indicazione di un inedito terzo livello. Parliamo del Comando Forze Terrestri Alleate per il Sud Europa - leggi: Nato - il cui cuore sarebbe stato a Palazzo Carli, a Verona, la città di Toffaloni e Zorzi. Qui, con la copertura di generali dei paracadutisti italiani e statunitensi, si sarebbero svolte le riunioni preparatorie di un progetto stragista che avrebbe dovuto sovvertire la democrazia italiana e rinsaldare lo scricchiolante fronte dei regimi del Mediterraneo. Quello che, all'epoca, teneva insieme il Portogallo salazarista, la Grecia dei colonnelli e la Spagna franchista.

    D'istinto, lo si direbbe un romanzo fantasy costruito su migliaia di informative, verbali, intercettazioni, pedinamenti e vecchi faldoni, recuperati dalla magistratura negli archivi dei nostri Servizi e in quelli degli Stati Maggiori dei nostri apparati militari e della sicurezza a forza di decreti di esibizione, e in cui si dipana anche la storia di un pugno di ragazzi figli di quel tempo. Con la passione per il calcio, le moto, i giochi da adulti, l'esoterismo. Un mondo popolato da donne bellissime e attori, svastiche e orge, agenti doppi e vendette. Per una vicenda tragica che ha fatto morti prima di quel terribile 28 maggio 1974, e forse continua a farne. Già, perché chi indaga sulla strage di Brescia si è sempre trovato di fronte a due nodi da sciogliere. A due bombe. La prima, esplosa nove giorni prima, alle 3 di notte, falciò un ragazzo di vent'anni in Vespa. Si chiamava Silvio Ferrari, era un neofascista che aveva già commesso attentati e andava a far saltare l'uscio della sede della Cisl. Ma non fece in tempo. Saltò in aria all'imbocco di piazza Mercato. Fatalità, errore umano o trappola? Uno dei migliori amici di Ferrari, Arturo Gussago, finì a processo accusato di strage, e come tutti i coimputati fu assolto. Faceva l'avvocato. Il 24 dicembre, quattro giorni dopo la chiusura di questa inchiesta, un infarto lo ha stroncato. Il supertestimone che ha guidato gli investigatori tra i segreti bresciani e fino al comando Nato di Verona (lo chiameremo "Alfa", per motivi di sicurezza, e sarà l'unico nome che non faremo), ha fatto tanti nomi di persone coinvolte nella strage. Quello di Gussago è stato l'ultimo, pochi mesi fa.

    Questa storia comincia, o meglio, ricomincia, quando ancora l'ultimo dibattimento è alla prima delle sue cinque puntate. Alla sbarra, oltre a Maggi e Tramonte, ci sono il neofascista Delfo Zorzi (uscito indenne dai processi per piazza Fontana e la strage di via Fatebenefratelli del 1973), Pino Rauti in quanto nume di Ordine Nuovo, il chiacchieratissimo generale dei carabinieri Francesco Delfino, che a Brescia condusse le prime inconcludenti indagini, e il suo confidente Gianni Maifredi. Camicie nere, pezzi di Stato, mondo di mezzo tra neofascismo e criminalità. Giampaolo Stimamiglio è tra le gole profonde di quell'inchiesta e tra i testimoni-chiave dell'accusa. Padovano, molto amico di Giovanni Ventura, ex Ordine Nuovo poi passato alla V Legione, Stimamiglio è un reduce che molto sa e molto ha sentito dire. Nel luglio del 2009, non avendo ancora vuotato il sacco dopo quindici anni di interrogatori, contatta il colonnello del Ros Massimo Giraudo, investigatore che naviga il mare dell'eversione dall'inizio dei Novanta, godendo del massimo della fiducia da alcune Procure (Brescia, Palermo) e del minimo da altre (Milano, Bologna). All'ufficiale, Stimamiglio racconta due cose. Due confidenze che avrebbe raccolto dal generale in pensione Amos Spiazzi, altra vecchissima conoscenza delle trame nere, versante golpista, fin dall'arresto per l'affaire Rosa dei Venti.

    La prima: piazza della Loggia, nella sua fase operativa, sarebbe stata una joint venture tra neri bresciani e veronesi.

    La seconda: c'era un ruolo atlantico nella regia della bomba, e un uomo chiave sarebbe stato Aldo Michittu. Già, proprio l'ufficiale protagonista di uno scandalo da operetta nel 1993, una storia di complotti presunti e ricatti veri ordita insieme alla moglie e starlette Donatella Di Rosa, impietosamente ribattezzata "Lady Golpe".

    Sembra una trama da serie tv, quella di Stimamiglio, che nei mesi successivi aggiunge dettagli nuovi. C'era una "Scuola", tra i duri e puri di Ordine Nuovo a Verona, che addestrava i suoi adepti agli attentati. Evoca Elio Massagrande e Roberto Besutti, due nomi storici del neonazismo più radicale, e i loro allievi Paolo Marchetti, Fabrizio Sterbeni, Roberto Zorzi, Umberto Zamboni, Marco Toffaloni. Ognuno di loro, negli infernali Settanta, aveva almeno un fascicolo a carico. Dice, infine, il confidente, che ad ammazzare Silvio Ferrari non fu il fato, ma una mano omicida che aveva manipolato il tritolo, ed era scaligera. Stimamiglio vorrebbe il programma di protezione. Nell'attesa, accetta di mettere tutto nero su bianco con i magistrati. La voce corre anche tra i vecchi camerati e qualcuno di loro, come Stefano Romanelli, comincia a parlare tra mille reticenze. Finché, il 6 aprile 2011, Giampaolo Stimamiglio cala l'asso. Rivela di aver incontrato, vent'anni prima, Marco Toffaloni. Erano nel motel gestito a quel tempo da Claudio Bizzarri, altro chiacchieratissimo ex camerata, parà già inquisito da Vittorio Occorsio e di recente accostato alla strage di piazza Fontana. Sorrideva, quel giorno, Toffaloni, rivangando i bei tempi. E a un tratto esclama: "Anche a Brescia gh'ero mi!". Piazza della Loggia? "Son sta mi!". Eppure, il 28 maggio 1974, Marco Toffaloni si avvicinava al suo diciassettesimo compleanno. Stimamiglio chiese: c'era anche Roberto, te l'ha consegnata lui? "Sì, certo". I pm Piantoni e Chiappani e il procuratore Pace sobbalzano. L'11 aprile Marco Toffaloni e Roberto Besutti vengono iscritti nel registro degli indagati. Di Michittu non si sentirà più parlare.

    Il vecchio e il giovanissimo. Un istruttore di lanci d'aereo col mito della Rsi, che dalla metà degli anni Sessanta faceva la spola tra Mantova e Verona, conosciutissimo da Servizi e Antiterrorismo. E un ragazzino col mito del superuomo e dell'esoterismo, delle armi e del fuoco, che si era fatto una fama nera fin da minorenne.

    Prima con Amanda Marga, la setta importata dall'India che predicava purezza e svastiche. Poi con gli incendi dolosi delle Ronde Pirogene Antidemocratiche, banda che colpiva tra Bologna e Verona e vantava stretti legami - e forse qualcosa di più - con Marco Furlan e Wolfgang Abel, il duo che sotto la sigla "Ludwig" aveva sterminato decine di vittime colpendo tra gay, disabili, frequentatori di discoteche e cinema porno.

    Lo chiamavano "Tomaten", Marco Toffaloni. Alla tedesca. Per quel suo vezzo di arrossire spesso. Ma era la sua unica debolezza. Feroce negli scontri di piazza, fin dai tempi in cui distribuiva il giornaletto Anno Zero fuori dai licei dei rossi, per poi pestarli insieme ai camerati. Ma vantava anche letture e frequentazioni kremmertziane, frequentazioni massoniche, amicizie (Rita Stimamiglio, Beppe Fisanotti, Paolo Marchetti) in comune con i Nar Gilberto Cavallini e Giusva Fioravanti.

    Non è un'indagine semplice, quella su "Tomaten". Intanto è diventato cittadino svizzero e ha cambiato nome in Franco Müller, prendendo il cognome dell'ex moglie Silvia. Poi sfida gli inquirenti, non si presenta agli interrogatori, fa sapere di avere coperture tra i carabinieri ed in effetti, rovistando nei suoi fascicoli, i militari del Ros trovano parecchie anomalie. Non è facile nemmeno farsi strada in quell'ambiente. Gli ordinovisti di un tempo tacciono. O sono all'estero, come Roberto Zorzi, che ha portato la famiglia a Snohomish, nei pressi di Seattle, fa il predicatore e alleva dobermann da competizione nel "Kennel del Littorio". Nomen omen. Oppure muoiono. Scompare Stefano Romanelli, il "camerata Toba", sul punto di diventare gola profonda. Si spegne, il 31 maggio 2012, Roberto Besutti. E l'accertamento principale, la verifica dei registri scolastici per il 28 maggio 1974, dice che Marco Toffaloni, quella mattina, era in classe. Non si sa se tutto il giorno, soltanto alla prima ora o l'ultima. Ma era al suo banco in 3ª B. Anche Spiazzi, interrogato dai magistrati, nega di aver mai confidato alcunché a Stimamiglio, gli accertamenti si disperdono in mille rivoli senza nessun vero sbocco e, alla fine del 2013, il procuratore dei minori Emma Avezzù ("Tomaten" era sedicenne, il giorno della strage) si convince a chiedere decreto d'archiviazione. Non si arrende il pm Francesco Piantoni, in Procura ordinaria, ma il suo fascicolo ora è a carico di ignoti.

    C'era, però, ancora un segreto da esplorare su Marco Toffaloni. Un vecchio commissario in pensione, Giordano Fainelli, racconta al colonnello Giraudo di come, all'Ufficio Politico e al Nucleo Antiterrorismo di Verona, le indagini sui neofascisti avessero parecchi buchi. Pensi, spiega l'ex poliziotto all'ufficiale dei Ros, che una volta perquisimmo la cantina di "Tomaten" e trovammo un deposito di esplosivo. Forse anche quello usato in piazza della Loggia. Ma quel materiale, e quel verbale, sparirono. Ed in effetti Giraudo e l'ispettore Michele Cacioppo, investigatore di punta della Dcpp del Viminale, non trovano nulla in nessun archivio. La ricerca diventa empirica. Anagrafica. Trovare i vicini di casa dell'epoca del ragazzo. Sollecitare la loro memoria. Finché i carabinieri non ne trovano uno che parla. Che sa, o almeno, ricorda: "Non oltre il 1978 mio padre mi disse che Marco Toffaloni era coinvolto nella strage di Piazza della Loggia, la notizia la ebbe dai genitori di Marco con i quali era in ottimi rapporti". È un nuovo filo, da seguire. Il testimone indica due amici di "Tomaten", due frequentatori di quella cantina. Uno, Nicola Guarino, viene convocato in caserma e colto con la guardia abbassata. Parla di una riunione dell'inizio del '74 con Toffaloni, imberbe ma già assai critico con le nuove leve di Ordine Nuovo, troppo morbide per i suoi gusti. Per la rivoluzione, diceva, bisognava fare qualcos'altro.

    Bisognerebbe, aggiunge Guarino - che dopo quel verbale farà marcia indietro e non collaborerà più - cercare gli altri partecipanti di quella riunione. E gioverebbe, aggiunge l'ex camerata Umberto Zamboni, cercare i proprietari di due vecchie auto, segnalate nelle prime indagini bresciane: una Bmw grigia e una Citroen Dyane celestina, entrambe targate VR. Ne aveva parlato, all'epoca, Ermanno Buzzi, il sedicente "conte di Blanchery", ambiguo ladro d'arte con le SS tatuate su una mano e agganci ovunque, anche in tribunale. Il primo processo aveva puntato su di lui e la sua corte, in primo grado nel 1979 Buzzi aveva preso l'ergastolo ma non arrivò mai all'appello, strangolato in carcere da Mario Tuti e Pierluigi Concutelli. Tutte le sentenze successive oscilleranno tra il "cadavere da assolvere" e il ruolo operativo nella strage. Gli inquirenti vanno a ripescare tutti i protagonisti del procedimento originario. Si imbattono in "Alfa", personaggio vicinissimo a Silvio Ferrari, testimone diretto della cena alla pizzeria Ariston, la sera del 18 maggio 1974, tra Silvio e il suo omonimo Nando Ferrari, neofascista veronese che lo convinse a commettere l'attentato, dopo aver festeggiato tutta la notte con amici in una villa sul lago. "Alfa" parla. E rivela uno scenario sconcertante.

    I protagonisti


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    L'appartamentino

    Spiega che Silvio Ferrari, negli ultimi mesi della sua vita, lo portava in un monolocale mansardato nel centro di Brescia, in una strada a fondo cieco. Via Aleardi. Qui, nel bagno, il ragazzo aveva una camera oscura. Sviluppava foto. E poi riceveva, alternativamente, i carabinieri in borghese mandati dall'allora capitano Delfino, comandante del Nucleo investigativo, o il vicequestore Lamanna dell'Ufficio Politico. Consegnava le buste con le foto sviluppate e intascava soldi. Tanti. E da troppe mani. Un'attività clandestina da informatore che era rimasta un segreto per quarant'anni. Del resto, di quell'appartamentino, avevano già parlato in passato il neofascista bolognese Luigi Falica e lo stesso Umberto Zamboni. Alfa dice ancora che alla famosa cena del 18 maggio, c'erano anche tre veronesi arrivati sulla celebre Dyane celestina. Che uno era un marcantonio, e la terza una ragazza. Che Silvio Ferrari, inoltre, conosceva bene Maurizio Tramonte, la fonte "Tritone". Il materiale per far lievitare l'indagine c'è. Anche perché i carabinieri del Reparto Operativo di Verona, incaricati di analizzare le foto in bianco e nero della strage scattate in presa diretta dal reporter Silvano Cinelli, fanno una scoperta sorprendente. Tra i volti immortalati a fissare i cadaveri, ce n'è uno giovanissimo. Con una stupefacente somiglianza con un'antica segnaletica di Marco Toffaloni. Il consulente antropometrico Tommaso Capasso conferma. Ma, nel frattempo, le rivelazioni di "Alfa" proseguono. Dice che, tra le foto messe in busta nel monolocale, ce n'erano alcuni di paracadutisti in esercitazione a Pian del Voglio. E una sequenza che riprendeva il capitano Delfino in persona e, di spalle, Nando Ferrari. Che quegli scatti, sviluppati da Silvio, provenivano dall'interno di una caserma e li aveva richiesti lo stesso Delfino, frequentatore dell'appartamentino.

    "Alfa" ha paura delle conseguenze di queste rivelazioni, spiega di essere stato già minacciato di morte in passato perché quel segreto doveva rimanere tale. Ma non smette di parlare, e il colonnello Giraudo di annotare: "Era ben chiaro che Delfino intendeva che aveva fatto ammazzare Silvio Ferrari, ma egli lo diceva anche come se sapesse perfettamente che io sapevo che era andata così". L'accusa al generale, nel frattempo assolto in Tribunale e scomparso, è terribile. "Alfa" non risparmia nemmeno il fu Silvio Ferrari:

    Il romanzo si arricchisce di paragrafi inquietanti. "Tomaten", dalla Svizzera, percepisce vibrazioni sfavorevoli. In una conversazione (intercettata) con le sorelle appena interrogate, le mette in guardia: "Dovete andare assolutamente da un avvocato per non farmi dei danni - incalza - perché mi state facendo dei danni assurdi, inconsapevolmente. Loro hanno degli intrighi". Ma non è l'unico nel mirino, l'uomo che si faceva chiamare "Acastasi" ai tempi delle Ronde Pirogene. Il 4 febbraio 2015 Umberto Zamboni fa un'altra rivelazione dirompente: "Mi sento oggi di dire che all'epoca, a me, così come ad altri di Ordine Nuovo, era noto che la strage di Piazza della Loggia aveva visto la partecipazione di veronesi. Posso specificare più di uno. Mi sento ancora di aggiungere che uno dei nomi che mi venne fatto quale veronese coinvolto nella strage di Brescia è Roberto Zorzi".

    Il marcantonio

    Figlio di un marmista, corpaccione robusto (Alfa lo riconoscerà come il marcantonio della famosa cena), capelli biondi corti e baffetti alla Hitler, Zorzi aveva vent'anni all'epoca della strage. Era tra gli ordinovisti più duri all'ombra dell'Arena e del Bentegodi, frequentandone già allora la curva con i suoi camerati. Durante la campagna per il referendum sul divorzio affiggeva i manifesti dei Guerriglieri di Cristo Re, sigla oltranzista di importazione franchista. Lo chiamavano il "pirata", spavaldo com'era, ma anche "la fleur", perché aveva lavorato presso un fiorista. E di fiori, il ragazzo, si era occupato anche il giorno dei funerali di Silvio Ferrari: un cuscino, con l'ascia bipenne e il nastro in raso firmato "I camerati di Anno Zero", che la delegazione veronese aveva portato a Brescia il 21 maggio 1974. Erano in tanti, quel giorno, a braccio teso al cimitero a fare il presente. Messaggi minatori, che gridavano vendetta per il giovane saltato in aria sulla Vespa, cominciavano già a circolare.

    Quel pomeriggio, con piazza del Mercato presidiata dagli extraparlamentari di sinistra, i neofascisti andarono a cercare, e trovare lo scontro. Cinque di loro, tutti veronesi, vennero arrestati perché trovati in possesso di una pistola e una piccozza: Nicola Guarino, Alberto Romanelli (cugino di "Toba"), Arianno Avogaro, Nico De Filippi Venezia e Franco Francescon. Zorzi no, era riuscito a svignarsela in tempo sulla Seicento di Umberto Zamboni, all'epoca in carcere. Ma la sua targa era stata annotata. E il capitano Delfino, il pomeriggio stesso della strage, aveva diramato un telex urgente ai carabinieri di Verona, che avevano rintracciato Zorzi a casa della fidanzata e lo avevano portato via con una coperta sui polsi, a coprire le manette. Fermato per strage, in caserma, mentre i sottufficiali inviati da Brescia ne controllavano l'alibi. Disse, "il pirata", di aver passato la mattinata a Porta San Giorgio, al bar di fronte alla fermata delle filovie. Lì a bighellonare e chiacchierare, dalle 8 alle 11. E poi, nel pomeriggio, insieme a "Toba" Romanelli. Gli accertamenti si erano limitati a un controllo al bar. E il capitano Delfino aveva preso per buono il presunto alibi fornito dalla figlia del barista, che ricordava Zorzi a chiacchierare con un rappresentante di commercio ("Certo Galvani Massimo") e un ragazzo barbuto ("certo Claudio Antolini").
    Nessuno di loro era stato interrogato, nessuna foto era stata mostrata, eppure "La signorina Daniela era certissima, ed è apparsa sincera ed attendibile nonché disinteressata, della presenza dello Zorzi sino ad oltre le ore 10 del mattino del 28 maggio". La notizia del fermo di un certo Roberto Z. era finita sul Corriere della Sera del 30 maggio a firma di un inviato specialissimo come Giorgio Zicari, che di lì a qualche giorno sarebbe stato travolto dallo scandalo della sua collaborazione con i Servizi - un Renato Farina ante litteram - nell'affaire del Mar di Fumagalli. Di Zorzi, invece, non si era saputo più nulla. Certo, l'etichetta di estremista negli anni gli aveva procurato qualche noia, facendolo controllare o perquisire dopo l'omicidio di Vittorio Occorsio (1976), la strage di Bologna (1980) e quella al Rapido 904 del Natale 1984. Ma aveva potuto candidarsi (non eletto) alle comunali di Verona dell'80 nelle liste del Msi, vivere la sua svolta mistica, laurearsi in Teologia a Trento, portare la famiglia negli Usa e aprire quell'allevamento intitolato al fascio e dedicato alla "Regina Pacis", la madonna. Lontano dalle accuse dell'ex camerata Zamboni: "Stefano Romanelli mi disse che lo Zorzi aveva fatto il botto, con ciò intendendo il nostro Zorzi, cioè il Roberto, si accesero i suoi occhi quando me lo disse".

    Le caserme

    Indagini insabbiate, sottufficiali che girano la testa dall'altra parte. Il cliché è noto. I nuovi accertamenti sull'alibi di Zorzi rivelano plasticamente il depistaggio. La "signorina Daniela" citata nel rapporto Delfino viene rintracciata a distanza di 41 anni. Si scopre che all'epoca era una ragazzetta di 16 anni che dava una mano al padre. Non solo non ricorda il biondino coi baffi alla maniera del Führer, ma nemmeno i carabinieri. Ha solo un vago flash, talmente etereo da collocarlo all'epoca della bomba alla stazione di Bologna: due signori in borghese che entrano, fanno un paio di domande al padre e quest'ultimo che gliele rivolge. Non ha idea di chi siano Galvani e Antolini. Tocca al Ros rintracciarli. Il primo abitava vicino a Zorzi, sa chi è, faceva il marmista e ne conosceva il padre, ma la mattina della strage non lo ha mai incrociato. Claudio Antolini, invece, è imparentato con il marcantonio, avendo sposato Maria che è cugina di Paola Crescini in Zorzi. Lo ricorda, quel fermo, non certo quell'incontro al bar. Anzi, la signora Maria aggiunge che in quella fine di maggio del 1974 nel cortile di casa, seminascosta da una siepe, sostava una Dyane celestina. Le ricerche riescono a risalire al proprietario: Elio Massagrande, il vecchio leader di Ordine Nuovo a Verona, che per sfuggire agli arresti era scappato in Grecia e aveva lasciato le chiavi della "due cavalli" ai suoi adepti. Molte tessere cominciano a incastrarsi. Zamboni, che morirà nell'ottobre 2015 lasciando le sue rivelazioni a metà, riesce ancora ad aggiungere una cosa: correva, tra i neri di On, l'idea di commettere stragi indiscriminate, di fare i morti per scuotere il Paese ed invocare il governo forte. Il regime. Qualche neonazista si era tirato indietro, altri ci stavano



    Naturalmente, dice, in quel giro "se si entrava, non si usciva". Già, ma dove era nata quell'idea? Bisogna seguire Alfa, e il filo dei suoi verbali. Dei suoi diari di viaggio postumi, accanto a Silvio Ferrari. Quelle foto scattate a Delfino non erano state fatte a Brescia, spiega. Ma a Verona. Insieme, il ragazzo destinato a morire e il supertestimone erano andati più volte. In una caserma dei carabinieri affacciata su un fiume, con una grande sala nello scantinato dove si tenevano delle riunioni. I Ros riportano Alfa in quei luoghi, sperando in un effetto rabdomante. Il "bastone" ne indica tre. La caserma dei carabinieri di Parona Valpolicella, sul Lungadige alla periferia nord di Verona, con una sala nello scantinato e un accesso posteriore proprio come scritto a verbale. Ma poi, passando davanti a un anonimo palazzo di via Montanari, Alfa si blocca: "Qui ci siamo stati con Silvio". Ed è un'indicazione pazzesca perché in quell'edificio di proprietà dell'Inps, all'ultimo piano, il Sid aveva insediato per trent'anni la segretissima sede del Centro di controspionaggio. Infine il sopralluogo si dirige verso via Roma. "Ecco, in quel palazzo siamo entrati. Ma non dal portone: da quell'accesso con la sbarra, che porta in cortile". È l'entrata secondaria, riservata agli inquilini del condominio adiacente, di Palazzo Carli, la sede del Comando Ftase. La Nato.

    Gli attentati

    "Lì, prima di entrare, Silvio era atteso un ragazzo che già avevamo visto nella caserma del seminterrato". Sull'album fotografico, il dito si ferma al volto numero 6. "Questo qui, una persona tremenda e molto determinata, l'avevo fuori già all'esterno della pizzeria Ariston a incontrarsi con gli altri veronesi e con Silvio, sarà stata una settimana prima della sua morte". È Marco Toffaloni. E quella riunione fu parecchio animata, si parlava di esplosivo, secondo il supertestimone, roba "che non era più possibile prendere da una certa caserma di Verona e che lo deve prelevare dalla caserma Papa di Via Volturno a Brescia". Di un attentato, da commettere la sera del 18 maggio in una delle prime discoteche gay di Brescia, il Blue Note. Ed in effetti, nella scia di attentati che precedettero piazza della Loggia, quello fu un episodio anomalo: due telefonate anonime, entrambe effettuate da Ermanno Buzzi alla Polstrada e alla Guardia di Finanza, innescarono un rapido e vistoso controllo che tenne alla larga i bombaroli. Buzzi frequentava il Blue Note e non voleva guai ai suoi amici e ai poliziotti che lo frequentavano, di cui era confidente. Secondo Alfa, il piano proveniva dalla caserma veronese: "Alle riunioni di Parona fu detto che in realtà l'obiettivo non era il locale, ma il proprietario dello stesso", e cioè Marco Bruschi, "perché un funzionario della Questura andava", e cioè Vincenzo Via, il capo dell'Ufficio Politico. Un progetto incredibile. Forse inverosimile. Come la promessa che era stata fatta a Ferrari: dopo il botto sarebbe stato trasferito a Milano, dove aveva agganci con i neri della Fenice, gli sarebbe stato trovato un appartamento vicino al Tribunale dove organizzare una nuova azione e avrebbe lavorato sotto copertura.

    Ne ha dato indiretta conferma il generale Domenico Sevi, all'epoca in servizio al controspionaggio e convocato un giorno nella caserma dei carabinieri di via Moscova dall'allora capitano Umberto Bonaventura: stavano preparando, gli disse, l'arrivo del neofascista bresciano a Milano. Solo che, all'ultimo minuto e timoroso di una trappola, Silvio Ferrari avrebbe fatto di tutto per tirarsi indietro e sparire dalla circolazione, magari con un nuovo lavoro a Verona che avrebbe sopperito l'impiego nella concessionaria auto dei genitori. E portandosi dietro le foto più compromettenti, quelle delle riunioni pre-stragiste, come garanzia. Vero? Falso? Nel frattempo, il supertestimone aggiunge nuove pennellate al suo affresco. Ripesca dalla memoria un'altra riunione con i veronesi, nella settimana tra il 21 e il 28. Con Toffaloni, assicura

    E poi svela i nomi mancanti alla riunione preparatoria, quella col discorso concitato sull'esplosivo che non si trovava. Uno è Paolo Siliotti, un neofascista scomparso nel 1980 in un incidente di moto, ricco di famiglia e frequentatore dei giri giusti, compresi quelli del calcio: Pierluigi Busatta e Sergio Vriz, mediano e fantasista del Verona degli anni Settanta, erano spesso nella sua villa di famiglia. Ora - in uno dei passaggi più paradossali dell'intera indagine - si ritrovano interrogati in un procedimento per strage, alla ricerca (vana) di ricordi e collegamenti con un ambiente, quello ordinovista, che all'epoca avevano solo e inconsapevolmente sfiorato. L'altra partecipante alle riunioni sui locali da far saltare sarebbe stata, a dire di Alfa, la ragazza più bella e corteggiata di Verona, Anna Rita Terrabuio, che ebbe un breve momento di celebrità proprio in quegli anni, quando fece perdere la testa a Fabio Testi che per lei lasciò nientemeno che Ursula Andress. A 42 anni dalle copertine dei rotocalchi, è in grado di riconoscere in foto "Tomaten". La spruzzata di gossip non dà però sbocchi perché tutti i compagni e le amiche di Terrabuio, compreso Testi interrogato tra un'Isola dei Famosi e un'ospitata, negano che da liceale avesse un qualsiasi interesse politico, men che meno eversivo. La diretta interessata, a verbale, non può che ribadirlo.

    Gli ufficiali

    La digressione rosa, innescata dalla superteste, porta fino al controllo di un'agenda del defunto Spiazzi su cui, alla data del 4 agosto 1980 (due giorni dopo la bomba di Bologna) il cognome Terrabuio era annotato accanto a quello di Zorzi. Non si sa, però, a che titolo. Altro, però, è per gli investigatori il cuore del problema. Cioè credere alla sconvolgente ipotesi che ufficiali che avevano giurato sulla Costituzione potessero farsi complici e strateghi di un piano assassino, oltre che golpista. Anche perché i nomi che riempiono i faldoni dell'indagine, quelli dei presunti partecipanti a quelle riunioni di Parona e poi di Palazzo Carli, sono pesantissimi. C'è il già citato Delfino, ufficiale dalla carriera fulminante ma eternamente macchiata da due ombre, entrambe bresciane: piazza della Loggia e il sequestro dell'industriale Giuseppe Soffiantini, che gli procurò una condanna per truffa aggravata. C'è Angelo Pignatelli, all'epoca titolare del Centro Cs Verona e ufficiale che godeva della massima fiducia del generale Gianadelio Maletti, l'allora capo del controspionaggio che finirà condannato per i depistaggi su piazza Fontana e morirà latitante a Johannesburg. Una ricerca documentale su Pignatelli (grossa parte delle 280mila pagine del colossale incarto proviene da archivi di Aise, Aisi, comandi dell'Arma e Stato Maggiore di Esercito e Aeronautica) ha fatto riesumare un documento sugoso: il 28 maggio 1974, il giorno della strage, Pignatelli - che Silvio Ferrari chiamava semplicemente "Angelo", secondo i racconti di Alfa - era in Germania Ovest in ragione del suo fluente tedesco, a organizzare, insieme ai colleghi del Bka, la missione del Sid in Germania Ovest per scortare, con sei spie, la Nazionale di Valcareggi ai Mondiali di calcio, due anni dopo la strage di Settembre nero alle Olimpiadi di Monaco. Torneranno sani e salvi ma coperti di "azzurro tenebra", Facchetti e compagni.

    Infine, tra le foto associate a Parona e Palazzo Carli, c'è quella di un giovane Mario Mori, altro ufficiale "dannato" della stagione delle stragi. Su di lui, il colonnello Giraudo indagava già per conto della procura di Palermo, all'interno del processo sulla trattativa. E i documenti d'archivio legano Mori a Brescia, ma alla lontana, in due diversi modi. L'ufficiale, all'alba di una carriera che lo avrebbe portato al vertice del Ros e del Sisde, era giovane tenente a Villafranca Veronese e bazzicava l'ambiente Ftase. Inoltre, era presente a Pian del Rascino subito dopo la morte di Giancarlo Esposti, e qui va aperto un altro cassetto di questa infinita vicenda: Esposti, neonazista sanbabilino, trafficante d'armi e fonte del controspionaggio milanese, era in tenda insieme a tre camerati sulle alture del reatino la notte del 30 maggio 1974, a 48 ore dall'eccidio bresciano. Ufficialmente latitante, lucidava i mitra in attesa di un colpo di Stato. Arrivarono i carabinieri, invece, e cadde nel conflitto a fuoco, e da allora i sospetti che lo legano a piazza della Loggia non si sono mai diradati del tutto. Mori, si diceva, a metà del '74 era ufficiale del Sid al Raggruppamento Centri di Roma, nella branca che si occupava di reclutare i defezionisti dalla Bulgaria comunista, e assorbirne le informazioni. Esposti, in tasca, aveva nomi e indirizzi di un paio di questi. Roba da agenti sotto copertura, da far sparire in fretta. Così come andavano coperte e ingoiate, secondo i racconti di Alfa, le possibili allusioni alle riunioni di Parona e alle foto, oggetto di avvertimenti e minacce fin dai giorni dopo la strage. In uniforme, e particolarmente energici, sarebbero stati quelli di Delfino. Morbidi, e in borghese, quelli di Mori.


    Palazzo Carli

    Oggi è di nuovo appannaggio dell'Esercito italiano ma quell'insediamento Nato, in piena guerra fredda, era il più grosso centro di potere militare sul nostro territorio, insieme a quello di Napoli. Gli ufficiali che ne popolavano gli uffici erano per la maggior parte italiani, ma non solo. Ogni addetto vivente, e sono decine, è stato scovato dagli investigatori ed ha dovuto rispondere a domande sull'ipotesi di un centro occulto di stragismo. Nessuno, ovviamente, ha confermato l'indicibile passaggio di alcuni ragazzini con velleità al tritolo. Ragazzi, però, con ricordi nitidi, se è vero che Alfa ha saputo riconoscere i portici interni e la scala in fondo a sinistra nel portico, che portava direttamente agli appartamenti privati del comandante. O indicae la presenza di un ufficiale con il basco amaranto, quello dell'Aeronautica, e all'epoca esisteva davvero l'ufficiale di collegamento Oscar Santoli. O ancora parlare di "Eva", la spia polacca Anka Dirani, e indicarla come amante dell'allora colonnello Lucio Innecco, ufficiale chiacchieratissimo - il Sid, tramite Pignatelli, lo pedinerà per mesi sospettandolo di simpatie comuniste e di intese col nemico, senza però trovare riscontri - e amico delle famiglie Siliotti e Terrabuio. L'ordinovista Claudio Lodi lo ricorda frequentatore delle stesse palestre di arti marziali dove si addestravano i camerati. Perfino l'ex calciatore Vriz ricorderà Palazzo Carli tra i luoghi frequentati dal suo amico Paolo Siliotti. Tracce, parziali ma solide, della frequentazione di Delfino al comando risalgono a una sua partecipazione dietro invito al ricevimento dopo la liberazione del generale James Lee Dozier, sequestrato dalle Br a fine 1981 e liberato due mesi dopo.

    E c'è un riscontro interno, l'ex capitano Massimiliano Rossin, che ha confermato agli investigatori i plurimi passaggi non registrati di Delfino e Pignatelli nel quartier generale. È sufficiente? Possibile? Credibile? Vero? L'ultima fase dell'indagine, non a caso etichettata "Deep State", con quel sistematico carotaggio dei fondali della Repubblica alla ricerca di inconfessabili collusioni, ha trovato qualche porta chiusa. Carabinieri che indagano su carabinieri, e sulle altre Armi, lo Stato che interroga sé stesso e mette a processo propri pezzi, bollandoli come deviati, magistrati che aprono armadi riservati, in un cortocircuito di ipotesi, sospetti e bivi tra verità indicibili (se tutto l'impianto venisse dimostrato) e schizzi di fango indesiderati anche per l'alleato. Bertram Gorwitz, nome di battaglia "Igor", era all'epoca l'ufficiale più in vista, la mente grigia del comando Ftase. Era anche il punto di riferimento del colonnello Innecco, ed è ovvio che qualsiasi piano elaborato a Palazzo Carli dovesse passare da lui. La scaletta in fondo al portico indicata da Alfa conduceva al suo cospetto. È stato riconosciuto in foto. Il generale non può rispondere, però: riposa dal 1997 ad Arlington.

    Gli assenti

    Non hanno risposto finora, né Marco Toffaloni né Roberto Zorzi. Del secondo, tra le carte, si trova traccia di una fugace telefonata via Whatsapp al colonnello Giraudo, con toni di scherno e vaghe promesse mai onorate di rientro in Italia per mettersi a disposizione dei magistrati. Sul suo conto gli investigatori sono riusciti a collezionare altre significative testimonianze, quelle di Ferdinando Trappa, uomo che trafficava in quadri rubati insieme ad Ermanno Buzzi. E che giura di aver assistito ad un incontro tra i due, a un distributore notturno di benzina, poco prima della strage. C'è, poi, un ulteriore tassello alle descrizioni fatte da Alfa, un recente vivido dettaglio sulla riunione dopo la morte di Silvio Ferrari: "Quello che non ha fatto lui dobbiamo farlo noi. Questa frase fu pronunziata dal Roberto Zorzi e me lo ricordo come il personaggio carismatico al tavolo". Di "Tomaten", gli inquirenti hanno potuto stabilire la militanza strettamente legata a quella del "pirata" fin dall'inizio del 1974, a distribuire i giornalini di Anno Zero o a fare propaganda antidivorzista per i Guerriglieri di Cristo Re. La foto e i rilievi antropometrici sono riscontri solidi. La sua carriera da attentatore un punto a favore di chi lo accusa. E poi ci sono le recentissime aggiunge del supertestimone, verbalizzate dal pm Caty Bressanelli e dal procuratore aggiunto Silvio Bonfigli. "Alla fine Silvio evidentemente si lascia convincere anche perché pensava magari di cambiare vita, di andare a Milano. La sera prima della morte ricordo Nando (Ferrari, ndr), Arturo Gussago e Silvio e dall'altra parte Siliotti Zorzi e Toffaloni".

    Già, Gussago, che negli anni Settanta patì l'infamia del carcere preventivo e delle accuse poi sbriciolate a processo insieme ad Andrea Arcai, figlio del magistrato Giovanni, e a Mauro Ferrari, il fratello minore di Silvio, il proprietario della Vespa saltata in aria, accusato di volersi vendicare col tritolo. Anzi, col Vitezit, lo stesso esplosivo usato con ogni probabilità in piazza Fontana: un candelotto venne trovato al ragazzo in cantina, probabilmente messo apposta da chi lo voleva incastrare con una perquisizione ad arte. Gussago, si diceva: "Era una brava persona, non mi ha mai detto che voleva ammazzare Silvio o fare una strage, lui ha sempre voluto rimanere nell'ombra ma c'era", giura Alfa. E adesso che è morto così tragicamente, appena chiuse le indagini su Zorzi e Toffaloni, bisogna davvero parlarne al passato, e aggiungerlo all'elenco di chi non potrà difendersi. Proprio per questo sarà bene condividere la prudenza di Manlio Milani, presidente della Casa della Memoria, che con i legali di parte civile sta leggendo in questi giorni le carte: "Siamo in una fase molto delicata, soprattutto per i testimoni che hanno parlato e dovranno parlare. Stiamo approfondendo con gli avvocati, sappiamo che l'indagine si è svolta in continuità con l'ultimo processo. Speriamo si prosegua in quella direzione". Quella dei colpevoli accertati. L'unico modo per far pace con quel passato. Qualunque sia la verità.


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    noi un'idea di quale sia la verità l'avevamo da tempo

    Grazie Dedo, per averci postato quest'articolo...
    Già un idea l'avevamo da tempo, e contemplava anche di provare spiegare come mai, qualche giorno prima, il Nettuno era in trasferta a Milano.
    Com'era in trasferta lo stesso giorno, in cui avveniva la strage di Bologna 7 anni dopo.
  14. .
    CITAZIONE (MagnottaMario @ 13/11/2021, 17:23) 
    CITAZIONE (JimMorrison84 @ 13/11/2021, 14:08) 
    In primo luogo sono felice che la pista di Panino stia iniziando ad essere presa in considerazione da persone in gamba come la Vecchione, a differenza di molti anni fa.
    E sono felice, che qualcuno che ha sempre bazzicato da queste parti, ha smesso di litigare inutilmente con altri utenti (con cui non condivideva alcune ipotesi, e probabilmente che non era molto felice della nascita di questo forum)ed ha contattato la Vecchione...chiedendogli del retro delle lettere, e da che contesto provenivano all'interno della rivista. Bella mossa Mario.
    Devo dire, che da sola ha tenuto testa egregiamente a tutti...sarei felice averla qui a ragionare con noi, sempre che non sia già qui tra i nostri ospiti in incognito.
    Scrivo mi ha fatto una buona impressione, anche lui non si è sbilanciato, ha fatto solo osservazioni intelligenti.
    Invece, questo Conti che è piaciuto tanto a Giorgiorgiola l'ho trovato impreparato, e che faceva molte domande di poca intelligenza, e che denotavano anche una scarsa conoscenza di entrambi casi, avrei avuto piacere a metterlo sui ceci a rileggersi intere pagine di questo forum...
    pareidolia mi dice questo scemo del villaggio...
    Io ho studiato matematica avanzata, ed ancora aspetto che questo genio mi spieghi questo:
    https://jbinvestigation.forumfree.it/?t=78135430
    Perchè non esiste la possibilità che questo (insieme alle altre dozzine di coincidenze) sia un caso.
    Per non parlare di Flamini...il suo intervento si commenta da solo, e anche qui la Vecchione ha risposto come spesso ho risposto io qui su questo forum a chi mi ha mosso gli stessi interrogativi.
    Tra l'altro penso anche che compulsivamente scriveva nelle chat con diversi nomi (come quando scoprimmo che era anche il "Leone Martinelli")...mi dispiace per lui e per i suoi problemi.

    Post scriptum: cara Vecchione, sulla Della Monica e sul motivo per cui ricevette la lettera siamo perfettamente d'accordo, come ho espresso diverso tempo fa in alcuni post.
    Tra l'altro tempo fa quando riportai la notizia della scoperta della rivista Gente, attribuii erroneamente il merito a Cochi e team, non sapendo che il soggetto principale che stava dietro la ricerca era proprio la Vecchione.

    Ciao Jim,

    premetto che è più un saluto che una specifica, poiché è vero che non condivido un H del 99 % di quello che dite, ma non per questo vi voglio male, anzi.

    M'avete insultato in ogni modo possibile a fronte di mere domande, lo specifico. Ho preferito andare per la mia strada ma, lo sottolineo, spero un domani di incontrarvi tutti, con affetto, a caso "concluso"!

    Ed ero entusiasta (entusiasta) della nascita di questo forum, e continuo a leggerlo con sempre grande attenzione. Meno entusiasta delle derive prese, ma resta soltanto la mia opinione. Spero sapremo a breve!

    Un saluto a tutti!

    Non penso di averti mai insultato personalmente, semmai ho iniziato a criticare alcuni tuoi atteggiamenti che hai iniziato a tenere dalla nascita di questo forum. E figurati se mai sono arrivato a volerti male.
    A prescindere dalle discussioni che hai avuto con Dedo, come già ti dissi, penso che il motivo reale dell'escalation di questi vari comportamenti (cosa che ho appreso qualche tempo dopo la creazione di questo forum dallo stesso Francesco) fosse la stessa creazione del forum, che era stata già prospettata a te in prima persona.
    Quando creai questo, lo feci su esortazione di Doc,su due piedi, dopo l'ennesimo comportamento intollerabile tra i tanti tenuti sul precedente forum e permessi (dove al tanto tuo caro amico veniva dato del buffone un giorno sì ed uno no).
    Non fu una mossa calcolata, e non ci fu alla fin fine nessun tornaconto personale (tuttora allo stato attuale).
    Sin dall'inizio, stile il "Signore delle Mosche" feci tutti amministratori, con un risultato simile, che mi ha costretto ad adottare dei cambiamenti.
    Prima e dopo le litigate con Dedo, ti dissi più volte che potevi avere il tuo spazio, trattare le tue ricerche serenamente concentrandoti sul tuo lavoro, e non a criticare quello di un altro utente e le sue derive per quanto assurde tu le ritenga.
    Io non ho problemi a dirlo, non mi trovo d'accordo con Dedo spesso, nonostante ciò gli riconosco indubbiamente che dalle sue ricerche sono emersi risultati utili, come la testimonianza di Alfredo Virgillito e la scoperta del delitto di Anzio di fronte il cimitero.
    Prendo da ogni utente e dalle sue ricerche il meglio, non pretendo che debba per forza avere il mio stesso modo di vedere le cose.
    Per me alla base di tutto doveva esserci per ognuno il senso di ricercare qualcosa che si avvicinasse il più possibile alla verità nelle varie tematiche trattate mettendo in risonanza il numero più ampio di menti utili in modo da permettere che si aiutassero tra loro in modo leale, pacifico e rispettoso.
    All'inizio di questa storia vi dissi che tutto questo per me era farina per il mio libro, ma chissà...magari rimarrò dietro le quinte e lì svanirò, felice che in fondo, tutto questo, a qualcosa è servito.

    @Doc: Nemmeno io conoscevo la Vecchione, ma mi sono visto i suoi video, e le sue varie analisi e mi piace come ragiona.

    Edited by JimMorrison84 - 14/11/2021, 04:41
  15. .
    [QUOTE=JimMorrison84,19/4/2021, 13:00 ?t=76962011&st=705#entry649348324]
    CITAZIONE (Giorgiorgiola @ 18/4/2021, 23:20) 
    Il testimone chiave


    Secondo Alfredo Virgillito nella strage di Piazza Fontana è coinvolto un sedicente agente della CIA di nome Joseph, nato nella metà degli anni ‘30. La Procura di Milano ha aperto un nuovo filone di indagini sulla strage e si è rivolta al Ministero degli Esteri per sapere chi potesse essere. La risposta è stata inequivocabile: può essere solo Joseph Bevilacqua, nato a Totowabora (NJ) il 20 dicembre 1935. Già testimone chiave del Processo Pacciani, oggi è sospettato di essere il Mostro di Firenze, Zodiac e un sacco di altre cose.

    La procura di Milano nel 2012 ha dichiarato Alfredo millantatore professionista mentalmente instabile. Io però gli credo e vorrei fare su un piccolo accertamento su Joseph Bevilacqua e controllare se può essere la spia di Virgillito che a metà degli anni ‘90 è dedita ad alcool, cocaina e malaffare.

    Joseph Bevilacqua nella primavera del 1994, quando mancano poche settimane all’inizio del Processo contro Pietro Pacciani, si presenta agli inquirenti con una testimonianza che viene ritenuta importantissima. Nel settembre 1985 ha visto le vittime francesi Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot in via Scopeti, due volte. L’ultima delle quali ha notato anche una “figura” che, con fare furtivo, è sparita in un campo che porta a un bosco che porta alla piazzola teatro del duplice omicidio.
    La sua testimonianza, che trovate su YouTube, sarà ritenuta fondamentale per inchiodare Pacciani agli Scopeti e farlo condannare all’ergastolo in primo grado.
    Vediamo come.


    Stanlio dov’è?

    1994, 6 giugno, Firenze, Tribunale. Quando Joseph Bevilacqua entra in aula e va a sedersi al posto dei testimoni, Pacciani sembra in stato catatonico. Con lo sguardo fisso leggermente aggrottato, il muso stretto attorno all’immancabile stecchino, sbatte appena gli occhietti mentre lo vede passare. Gli sembra di vedere Onlio, così grande e grosso, con quella strana andatura tra il claudicante e il ballonzolante. Quando il microfono si accende e l’omone comincia a parlare Pacciani non ha più dubbi, ora è sicuro: quello è davvero Onlio! E Stanlio? Pacciani si guarda attorno, magari ora entra anche lui.
    Invece no. Che strano, pensa Pietro.

    Pacciani, diciamocelo, capisce solo quelli che parlano la sua lingua, il vernacolo della Val di Pesa, per il resto c’è l’avvocato Fioravanti che oltre al ruolo di difensore ha due funzioni accessorie importantissime: traduce all’imputato in un linguaggio semplice e comprensibile quanto si dice e succede nell’aula, e lo placca (si va dallo schiaffetto sulle mani all’abbraccio fermo e avvolgente) quando il Vampa dà in escandescenze. In più, l’avvocato Fioravanti è anche un discreto mimo, ma questo lo vedremo più avanti.



    L’agente Peppe e l’importanza della geografia

    Bevilacqua entra in aula. Lo vediamo camminare di profilo, quasi di spalle. A osservarlo bene non si può non notare che fa un gesto veloce con la mano: si tocca il naso. Ahi ahi, signora Longari! Alfrè, dici che è per quello? Poi gira di scatto la testa verso la corte, porgendo la nuca alle telecamere.
    Si accomodi prego.
    “Vuol dare le sue generalità?” è l’invito del Presidente della Corte”.
    “Scusi non si sente bene, non si è sentito scusi”. Iniziamo con un chiasmo: ci tiene proprio a dire che è sordo. Lo ripete due volte e con l’impersonale invece che con la prima persona singolare. Il dottor Cal Lightman direbbe che sta mentendo. Ma non siamo su “Lie to me”, lo spettacolo è appena iniziato, stiamo sereni, non facciamo i prevenuti.
    “Mi chiamo Bevilacqua Giuseppe”. Stop, fermiamo subito. Nel 2011 al ministero degli Esteri risulta Joseph e solo Joseph. Adesso Peppe? Invece di dipanarsi la matassa si aggroviglia. Vabbè, proseguiamo.
    “Sono un americano, sono un funzionario di un governo straniero”. Direttore di cimitero faceva brutto.
    “Ah, ho capito, italo-americano immagino… di origine” commenta con divertita sagacia il presidente.
    Per Bevilacqua dev’essere un complimento perché dice “grazie”.
    “Benissimo” replica ilare il Presidente, indeciso se rispondere “Prego”.
    “Senta, dov’è nato?”.
    Oooh, direbbe l’avvocato Bevacqua. Ecco, diccelo Bevilacqua! Giusto perché il filone Virgillito su piazza Fontana ci ha lasciato il dubbio. Totowabora (ma si scrive così?) o Paterson? Shhh, risponde.
    “Io New Jersey che è in Stati Uniti”. Grazie Peppe per la precisazione, hai capito che il Presidente non la mastica la geografia...
    Ok, New Jersey e fin qui c’eravamo già, sia Totowa che Paterson sono in New Jersey. Ma dove esattamente?
    Niente, il Presidente si limita a ripetere “New Jersey”.
    “Sì” conferma Bevilacqua, senza aggiungere altro.
    “New Jersey, Stati Uniti” ha finalmente capito il Presidente. Gliel’abbiamo fatta! Ha localizzato lo Stato, speriamo anche il continente. Sì, ma dove di preciso?
    Il luogo di nascita, niente, lui non lo dice e nessuno glielo chiede. È insolito in un processo.
    Almeno la data di nascita corrisponde a quella riportata dal ministero degli Esteri: 1935, 20 di dicembre. Ho verificato nell’audio della sezione Processi di Radioradicale.it perché nel video di Insufficienzadiprove la data di nascita è tagliata.
    Insomma sono trascorsi 57 secondi da quando è entrato in aula e ci sono già più dubbi di prima. L’unica certezza è che è nato.



    Il “pacco” in tv

    Arriva la fatidica domanda: “Acconsente alle riprese televisive?”
    Dì sì, ti prego! Sì! Sì!
    “No!”. Secco, senza appello. Che ingenui a sperare. Metti che Alfredo sia un fan di “Un giorno in Pretura”, potrebbe scoprire che in realtà si chiama Peppe...
    Niente, dobbiamo accontentarci di una figura seduta decapitata, con la camicia tesa allo spasmo sopra la panza, la cravatta che ogni tanto scopre squarci rotondi tra un bottone e l’altro. E proprio al centro dell’inquadratura che c’è? Il suo “pacco” strizzatissimo dal cavallo dei pantaloni e le mani che un po’ tengono gli occhiali un po’ picchiettano proprio lì. Per quasi 48 minuti.
    Mi sono sempre chiesta perché nella versione attuale del processo su “Un giorno in pretura” manchi l’unico testimone oculare che inchioda Pacciani agli Scopeti il famoso “giorno prima”. Non vorrei fosse per questo.



    Il Mostro al bivio di Sant’Andrea

    Inizia l’esame il Pm, Paolo Canessa. A Canessa riconosco una sola grande virtù, che non è da poco: parla benissimo l’italiano, con lessico semplice e appropriato, scandendo alla perfezione. E infatti Bevilacqua capisce tutto. Nessun problema di audio. Anche per Pacciani non si rendono necessari i sottotitoli.

    Si discute del duplice omicidio nella piazzola di via Scopeti del settembre 1985. Il giorno preciso non si sa perché i periti non sono d’accordo su quale sia la notte del massacro: venerdì 6, sabato 7 o domenica 8. Una matassa fatta di mosche, larve, umidità, temperatura difficile da sbrogliare. L’unico che non ha dubbi al riguardo è Canessa: per lui è domenica.

    All’epoca del duplice delitto, nel 1985, Bevilacqua conferma di lavorare al cimitero dei Falciani, territorio USA la cui area arriva a lambire il tratto di via Scopeti teatro del crimine. Peppe conferma di conoscere bene il punto in cui si è svolto il duplice delitto: “Io passava spesso”.
    Dall’area del cimitero alla piazzola a piedi è una passeggiata. In auto dalla Cassia, su cui affaccia l’ingresso principale del Cimitero militare americano, basta imboccare il ponte degli Scopeti e seguire la strada in salita per raggiungere il bivio di Sant’Andrea: a destra si va a Spedaletto e di lì a San Casciano, a sinistra si va a Chiesanuova e, se si vuole procedere oltre Chiesanuova, sempre sulla stessa strada, si arriva dritti dritti in 5 minuti in un’altra celebre località: Giogoli, dove nel 1983 sono stati massacrati i due giovani tedeschi. Sempre da Chiesa Nuova parte un’altra strada che in 13 minuti in direzione opposta porta dritta dritta a Baccaiano dove il 19 giugno 1982 vengono uccisi Antonella Migliorini e Paolo Mainardi. Potete controllate la triangolazione su GoogleMaps.
    Dopo aver seguito con profitto un corso di logica alla Procura di Milano, dando un’occhiata a questi percorsi dell’orrore mi sento di affermare che anche il mostro di Firenze “passava spesso” dal bivio di “San Andrea” e da Chiesanuova. È Bevilacqua l’unico testimone a piazzare il Mostro in quel bivio, direzione Chiesanuova, dove sta andando anche lui. Ecco, qui gli credo.



    Il primo avvistamento

    “Nei giorni precedenti all’omicidio che è stato scoperto il lunedì 10 di settembre dell’85, lei era passato da quella zona?” chiede Canessa sbagliando giorno: lunedì è il 9.
    “Due o tre giorno prima dell’omicidio, la tragedia - racconta Onlio - io andavo a San Casciano, facevo la ponte degli Scopeti e andava su, alla seconda curvo ho visto la coppia francese, che c’era la ragazza appoggiata ad un albero in costume da bagno, prendeva il sole e l’uomo, il suo ragazzo, stava appoggiato in un sacco a pelo a terra”. E ancora: “La tenda sembrava avanti un po’ in la macchina stava di dietro che sembrava una Peugeot o un Golf. Vecchio, sembrava macchina vecchio”.
    “E la notò questa ragazza? “ è la domanda retorica di Canessa. Stai sicuro Paolì, che l’ha notata.
    “La notavo perché era una ragazza molto carina aveva i capelli neri corti ed un costume da bagno, bikini, nero”.
    E il ragazzo? Peppe dice che era nella tenda e si vedeva solo la testa poggiata sul sacco a pelo.

    Minchia, deve avere scattato una fotografia! Sono passati 10 anni ma la scena osservata con un semplice passaggio in auto è immobile, fissata in tutti i dettagli a futura memoria. Eppure ci sono già dei punti oscuri.

    Il primo è temporale: “due o tre giorno prima dell’omicidio”. Quale giorno, Bevilacqua? Nessuno ci ha ancora capito niente di qual è il giorno del massacro. Persino Wikipedia si tiene larga con un 7-8 settembre.
    Solo Canessa dà per scontato che Bevilacqua usi come riferimento la domenica, perché l’impianto accusatorio si regge su quella giornata.

    Canessa fa lo gnorri e chiede infatti quanti giorni prima della domenica sia avvenuto questo primo avvistamento.
    “Preciso non si può dire ma sembra due tre giorni” è la risposta e aggiunge che “erano le nove e mezzo del mattino”. Singolare che ricordi anche l’orario, tutti quei dettagli, ma non il giorno esatto.
    Il pm tira fuori la foto del posto del primo avvistamento e lui riconosce l’albero su cui era poggiata Nadine a prendere il sole. L’aveva fatta scattare lui un paio di mesi prima durante un giro con gli inquirenti, ci mancava che non la riconoscesse.

    Il secondo punto oscuro: Bevilacqua non dice tutta la verità, come si è impegnato a fare davanti alla Corte, ma solo una parte. Omette infatti di dire che quel giorno con lui in auto c’è la moglie.



    La moglie gelosa e il “dettaglio” mancante

    Nell’articolo “Quel giorno agli Scopeti” della Nazione del 6 aprile 1994 (il processo inizia il 19), che si può leggere nella preziosissima emeroteca di Insufficienzadiprove.it, si racconta la storia in modo un po’ diverso. Nell’articolo non si fa il nome Bevilacqua ma si fa riferimento a una vecchia testimonianza rispolverata dopo anni e a un funzionario americano che la avvalora, in un gioco di scatole di cinesi che non ho capito per niente.
    Comunque il giornalista dice che il funzionario americano, che all’epoca lavorava vicino agli Scopeti, passando in auto con la moglie vide “una ragazza con i capelli corti, scuri, con il bikini nero, che prendeva il sole vicino alla piazzola degli Scopeti. Accanto c’era una macchina con targa francese e una tenda canadese azzurra”.
    Pazzesco, sembra il dottor Spencer Reid di Criminal Minds. Quanti dettagli in un’occhiata, conservati per quasi vent’anni, ma non è che si è fermato? Magari ha rallentato per guardare meglio la ragazza perché nell’articolo leggiamo “Non potè evitare per questa sua occhiata compiaciuta un rimbrotto della moglie”. Tradotto: la moglie gli piazza un cazziatone perché lui non guarda la strada e fissa la francese con la lingua di fuori come Fantozzi.
    Ma non vi siete accorti che in quella marea di dettagli manca qualcosa? Cosa? Il ragazzo francese! La prima volta lui non lo vede. Vede solo la ragazza. Almeno così riporta il giornale.
    Quindi nella versione di aprile 1994 c’è la moglie ma non c’è il francese.
    Due mesi dopo al processo, abracadabra: la moglie è sparita e la testa del ragazzo francese è comparsa a terra sul sacco a pelo.



    Il giorno “dopo”

    L’articolo della Nazione prosegue: “Il giorno dopo l’uomo, stavolta da solo, rivide la stessa donna in compagnia del suo ragazzo”.
    Non dice la “stessa coppia” ma solo la “stessa ragazza” che, questa volta, non è sola e “sta facendo colazione accanto alla tenda piazzata più avanti”.
    Il giornalista riporta un’altra cosa importante: che la rivede il giorno dopo rispetto al giro con la moglie.
    Continuiamo a leggere La Nazione perché ora, subito dopo aver visto la coppia, c’è il fatidico incontro.
    “Al bivio di Faltignano, poche centinaia di metri oltre, scorse un uomo sui 50 anni, di corporatura robusta, capelli pettinati all’indietro, del colorito di chi è avvezzo a trascorrere molto tempo nei campi. Sentendosi osservata questa persona si voltò di scatto. Pochi attimi insufficienti forse per un riconoscimento certo, ma quella fronte e quel naso aquilino al testimone americano, quantomeno, ricordano quelle del Pacciani”.



    Il secondo avvistamento

    Se sul primo avvistamento abbiamo versioni discordanti, sul secondo la nebbia si fa più fitta.

    “Poi li ha visti ancora?” chiede Canessa.
    “Sì, l’ho visto un po’ più avanti, la seconda volta, più alto sulla strada, più vicino a San Andrea e c’era più o meno la cresta della salida… c’era forse due giorni dopo”.
    Come due giorni dopo? Il giornale ad aprile riportava un’unica data certa: “il giorno dopo”. Un’altra incongruenza. Appena si prova a fissare un paletto temporale, ecco che bisogna spostarlo di nuovo. Con quel “forse” che rende impossibile fissare alcunché.
    Canessa continua a tirare l’acqua al suo mulino della domenica: “se prima era due o tre giorni… la prima volta sul giovedì, la seconda volta sul sabato”.
    “E’ possibile - gli concede Bevilacqua - giorni precisi non ricordo”. Bevilacqua non pronuncerà mai la parola domenica nè il nome di nessun altro giorno della settimana.



    Il Quesito della Susy

    Vorrei provare a ricapitolare le informazioni raccolte finora per capire quando Bevilacqua è passato e ripassato da via Scopeti perché l’unica certezza è che è passato di mattina. Peppe fornisce le seguenti indicazioni temporali: due-tre-giorni-prima di una data (quella del delitto) che va da venerdì a domenica, uno-due giorni-dopo rispetto a questo due-tre-giorni-prima. In altre parole, è come il Quesito della Susy sulla Settimana enigmistica.
    Vediamo: se l’omicidio è avvenuto tra venerdì e domenica e il testimone passa la prima volta due-tre giorni prima del delitto e la seconda volta uno-due giorni dopo la prima volta: quando è passato il testimone? Quando è avvenuto il delitto? E se la prima volta il testimone era con la moglie e ha visto solo la donna francese, mentre la seconda era solo ma era la donna francese a essere in compagnia, chi c’era davvero? Io non ce la faccio, provateci voi, mi sa che è il caso di chiedere una consulenza alla Procura di Milano.



    La preoccupazione di Peppe

    Torniamo in aula. Viene mostrata una foto, scattata sempre mesi prima su indicazione di Bevilacqua, della tristemente famosa piazzola.

    “Ecco, lei cosa vide quella mattina? La seconda volta?” scandisce Canessa.
    “La seconda volta mi è rimasto un po’ impresso perché guardando loro… passare per la strada… tu vedevo… erano troppo scoperto… Si vedeva troppo dalla strada, macchine che passava di notte tu potevi vedere… loro non potevano dormire... qualcosa…”.
    Peppe la seconda volta è preoccupato quindi. Teme che i fari notturni delle auto alterino il ritmo sonno-veglia della coppia, è come se avesse voluto consigliare loro di spostarsi in un angolo più riparato, meno visibile dalla strada per una delicata questione di privacy. Molto sensibile e premuroso, devo ammetterlo.



    Il lapsus e la colazione saltata

    “E lei cosa vide questa seconda volta? E cos’era mattina di nuovo?” chiede il Pm.
    Il teste risponde ridacchiando: “Sì, tutto non ricordo perché è un po’ di anni fa.... “.
    Su su, non fare il finto modesto. Noi non ricordiamo cosa abbiamo mangiato esattamente a cena ieri, mentre tu dopo 10 anni ricordi colore della tenda, del bikini, modello e targa della macchina, taglio di capelli, orario. Che invidia, Peppe.

    “Persone ne vide? La ragazza e il ragazzo li vide?” chiede Canessa.
    “L’ho visti tutti e due quel giorno”. Come “quel giorno”. Perché, il giorno prima non li avevi visti tutti e due?
    Figuriamoci se Canessa approfondisce il lapsus, si assicura solo che il teste confermi che “sicuramente erano la stessa auto e gli stessi ragazzi”. E basta, nessun altro dettaglio come nel caso del primo avvistamento della tenda. Sparisce, ad esempio, la colazione della coppia vicino alla tenda. Dettaglio riportato due mesi prima nell’articolo della Nazione.



    Prima-dopo e nord-sud

    “Questa seconda volta vide qualche altra cosa?” incalza Canessa che vorrebbe arrivare subito a quello che gli interessa: l’incontro con l’uomo corpulento con quella fronte e quel naso così indimenticabili.
    Riposta: “No questo non ricordo, no. So che… ricordo la mattina, prima, dopo, che io passavo la strada andava a San Andrea…”.
    Eh?! Non ricordi “questo”? Ma Canessa non ha detto niente, t’ha chiesto solo se ricordi altro, l’ha capito anche Pacciani. E poi la mattina “prima-dopo”, che vuol dire? Che poteva essere notte o pomeriggio? Aiuto, mi sto perdendo. Ho capito solo che la prima volta che passa dal bivio con la moglie svolta a destra, verso San Casciano. La seconda volta invece è solo e al bivio gira a sinistra, verso Chiesanuova.

    Canessa ha il cervello più fino del mio e capisce tutto quello che dice Peppe tranne, stranamente, dov’è Sant’Andrea. Forse ci vuole andare a cena dopo l’udienza perché chiede a Bevilacqua: “Cioè? San Andrea in direzione nord rispetto…”
    “Nord, andavo a nord - si affretta a rispondere - passava da San Andrea, arrivato l’incrocio dopo San Andrea andava a destra per andare a Chiesanuova”.
    Certo, Peppe, che se al Cimitero militare le indicazioni stradali le davi così, chissà dove li mandavi i turisti, eh! Come a Nord! Tu stai percorrendo via Scopeti in direzione sud, verso San Andrea.

    Ricapitolo un attimo perché dobbiamo aggiungere qualche variante al Quesito della Susy: la mattina prima-dopo e la direzione nord-sud. Potrebbe essere l’enigma più complicato di tutti i tempi. Alla Settimana Enigmistica hanno fatto sapere che i crittogrammi di Zodiac a confronto sono roba da dilettanti.



    L’incontro in via di Faltignano

    Veniamo all’incontro indimenticabile con “quel naso e quella fronte”.
    Ecco il racconto di Bevilacqua in aula: “Due/trecento metri de l’incrocio c’è un campo aperto, mi fermai perché m’è rimasto sorpreso che ho visto uno in divisa, sembrava in divisa marroni, tipo forestale o Anas, io lavorando là da anni canoscievo quasi tutti e m’è rimasto perché non canoscieva questa persona. E mi fermai accanto alla strada, con mia macchina, lo guardava questa persona che aveva più o meno la diecina di metri da me, questa persona dopo che, penso che rese conto che io lo guardavo sceso e è andato via di quella zona là, è entrato più o meno in campo verso il bosco che è dietro San Andrea”.

    Bene, ricapitolo. Al Bivio di Sant’Andrea Bevilacqua è solo e svolta a destra, su via Faltignano, diretto a Chiesanuova. Qui, dopo 200-300 metri, sulla destra c’è una piccola strada sterrata che si apre un campo agricolo. È su questa stradina che il testimone vede una divisa “marroni”, a dieci metri di distanza e si rende conto con sorpresa che non la canosce. Alt! Inchioda con la macchina e si ferma. Lui canosce tutte le divise: sa che quelle “marroni” (quel colore indistinto tra marrone, grigio e verde) sono dell’Anas o della Forestale e si sorprende di vedere che quel tizio vestito marroni sia uno sconosciuto.
    Poi l’imprevisto: la divisa, sentendosi osservata, prende il largo “in un campo”, diretta “verso il bosco”.
    Canessa mostra la foto, sempre scattata poche settimane prima con la consulenza artistica di Bevilacqua. Si vede il punto dell’avvistamento della divisa marroni e poi una freccia che indica la direzione presa dalla divisa. Il teste non ha nemmeno bisogno di fingere di riconoscere la situazione della foto perché sotto c’è la didascalia che dice tutto. La didascalia viene subito coperta, ma a che serve con un teste che ha quasi scattato lui la foto e ha dato prova di avere la memoria eidetica del dottor Spencer Reid?
    L’avvocato Bevacqua protesta infatti per la sceneggiata e invita a chiedere al testimone cos’è quel punto da cui parte la freccia.



    A spasso nei boschi

    Risposta: “Tu scende quella strada abbastanza, 4/500 metri e portavo in direzione dov’era lì la tenda di francesi”. Bevilacqua sta dicendo che la divisa, a cui ha visto fare pochi passi verso il campo, imbocca la strada che porta alla tenda dei francesi.
    “Ohoo, ha visto! - esclama Canessa come se avesse fatto punto - Lei lo sa perché conosce quella strada”.
    “Io passavo dai quei boschi migliaia di volte” è la straordinaria risposta.
    Ma non lavora in un cimitero? Perché è sempre a sto bivio di San Andrea, una volta a sinistra e un’altra a destra, e va continuamente a spasso nei boschi? Perchè quando vede una divisa si ferma a controllare? Perchè mentre vede una casacca su via Faltignano gli viene subito in mente la tenda dei francesi e come arrivarci? E come diamine avrebbe fatto quella casacca, se non era della zona (tanto sa non essere canosciuto da Peppe che canoscieva tutti), a sapere che da lì si arrivava alla tenda? Perché diamine a nessuno viene in mente di chiederglielo?
    Perché sono tutti concentrati su quella divisa/casacca che finalmente comincia ad avere un volto. O quasi.



    Il naso con i capelli

    “Ecco, lei ricorda le caratteristiche somatiche di questa persona o no?” chiede Canessa.
    “No, ricordi che mi toccava che mi stava a 10/15 metri, non so preciso, c’era il profilo del naso ed i capelli sopra”
    Traduco: da 10/15 metri (prima erano 10, ora si allontana) vede un naso di profilo con dei capelli sopra.

    Canessa chiede: “Era magro, era grosso?”. Il naso?
    “No era una persona più o meno robusto” risponde Bevilacqua che di panza se ne intende.

    Grazie alle domande di Canessa scopriamo che Bevilacqua quel naso, visto di profilo pochi secondi di 10 anni prima, lo ha riconosciuto tra le foto mostrategli della polizia nel 1994, pochi mesi prima.
    Minchia e che era, il naso di Cyrano de Bergerac?
    No, di Pacciani! Uno che Bevilacqua (nel 1994!) non canosceva. Ma come, tutta Italia lo conosce da anni: è il 1991 quando Pacciani riceve l’avviso di garanzia per i delitti del Mostro. Nella primavera del 1994, quando salta fuori il funzionario americano, chi non canosceva il contadino di Mercatale? Solo Bevilacqua. O almeno così dice a Canessa.



    Il ricanoscimento del Vampa

    Arriva il momento clou, la spannung.
    Canessa: “Oggi lei in quest’aula vede qualcuno che, sia pure con le sembianze di oggi, assomiglia a quella persona?”
    Peppe: Sì.
    “E chi è?” chiede Canessa mentre tutta l’aula e anche noi a casa siamo col fiato sospeso. Metti che indica un altro.
    Peppe: “Signore lì accanto all’avvocato”

    Pacciani, gomiti sul tavolo, stecchino in bocca, ha lo sguardo attonito di chi si domanda stupito perché Onlio stia raccontando da oltre dieci minuti di aver visto un “naso con dei capelli” uno-due-giorni dopo due-tre-giorni prima del secondo weekend di settembre del 1985. A un certo punto stacca un gomito dal tavolo. Perchè Onlio lo sta indicando? Si gira subito dall’avvocato Fioravanti che ha già preparato i sottotitoli. “Pietro, - gli dice - il testimone sta dicendo che quel naso coi capelli sei tu!”.

    Il Vampa si scalda. Prima con l’indice poi con il palmo della mano teso come allo stadio inizia a indicare Onlio e si legge un “infame” sul labiale. L’avvocato Fioravanti gli fa una ramanzina con l’indice e il pollice uniti mentre assieme a Bevacqua, con una serie alternata collaudata di schiaffetti e pacche, provano a tener buono il Vampa, scatenato in un linguaggio non verbale eloquente: ma che cazzo vuole Onlio da me?

    “E ci vuole spiegare come mai lo riconosce come questa persona? Quali sono le caratteristiche somatiche che gli assomigliano?” gongola Canessa.
    Sotto lo sguardo inviperito del Vampa, il finto Onlio spiega: “Il naso, i capelli ...”.
    A questo punto il Vampa, sfuggito al placcaggio degli avvocati, fa un gesto eloquente verso il basso e dice qualcosa in vernacolo che corrisponde a “... E da sta minchia”.
    “...dove c’è la faccenda sopra” prosegue invece Bevilacqua.
    Il Presidente lo aiuta: “L’attaccatura?”
    “La stazzatura di qui davanti, sì”, conferma il teste.
    “Come lei pressappoco” nota il Presidente che mai più nel processo mostrerà una simile arguzia.

    Apre il controesame la parte civile: l’avvocato Colao, che forse ha letto la Nazione, chiede se il misterioso individuo aveva il colorito di uno abituato a stare all’aria aperta.
    Peppe conferma: “faccia un po’ rosso.”

    Tocca alla difesa. Parola all’avvocato Bevacqua. È una delle mie parti preferite, Alfrè, stai attento anche tu.



    Il ‘68 che non ti aspetti

    L’avvocato Bevacqua è uno che va subito al sodo. Si alza di scatto, si riaggiusta la toga sulle spalle e mentre sistema il microfono fa finalmente la domanda che ci interessa, Alfrè. E la fa veloce, lui non parla lento e scandito come Canessa, parla spedito.

    “Senta da quanti anni lei è in Italia?”
    “26 anni” risponde Bevilacqua.
    Bevacqua in una frazione di secondo fa il calcolo: 1994-26=1968. E fa la domanda che Peppe non si aspetta:
    “Quindi anche nel ’68 c’era in Italia”
    “Si”.
    Mi dispiace Peppe, una data certa l’hai dovuta dare, l’avvocato ti ha preso in contropiede: tu eri chiamato a rispondere solo sul secondo weekend di settembre 1985 e invece guarda un po’ come va la vita. Ti ha fregato alla grande.

    Il 1968 è una data importante per due motivi. Per le indagini del Mostro perché è l’anno del primo omicidio (collegato agli altri solo nel 1982 dopo il duplice delitto di Baccaiano, quando si apre la pista sarda). Ma anche per quelle relative al filone di indagini su Piazza Fontana scaturito dalle rivelazioni di Alfredo Virgillito. Rivelazioni che Alfredo avrebbe raccolto da un misterioso agente Joe. Il fatto è che questo agente, secondo il nostro ministero degli Esteri consultato dalla Procura di Milano, puó essere solo una persona e solo una: Joseph Bevilacqua, nato a Totowabora in New Jersey il 20/12/1935. Peppe, insomma, o comunque si chiami davvero. La Procura aveva escluso fosse lui per una serie di ragioni, tra le quali spiccava il fatto che risultasse in Italia solo dal 1974 (per Virgillito l’agente Joe era in servizio nel Belpaese almeno dal 1967). Peppe conferma che era in Italia giá prima del 74: nel 1968. Ecco una cosa che il Ministero degli Esteri aveva taciuto o, meglio, non aveva riportato perchè alla Procura di Milano interessava solo verificare quando fosse stato ufficialmente in servizio presso l’ambasciata americana.

    L’avvocato Bevacqua è rimasto di stucco pure lui per quella risposta e la sorpresa gli fa perdere secondi preziosi prima di passare alla domanda successiva:
    “Bene. Senta e dove stava in Italia?”
    Peppe si riorganizza (non sia mai che dalla sua bocca possa uscire un’informazione precisa) e gioca la carta sordità con cui si era presentato a inizio seduta:
    “‘78? - finge di aver sentito - Cimitero americano”.
    Canessa invita a riformulare la domanda perché il teste non ha capito (ha capito, Paolì, ha capito)



    L’equazione impossibile

    “Quanti anni è che è in Italia lei?” chiede ora l’avvocato.
    Dalle risposte di Bevilacqua viene fuori che è arrivato in Italia nel 1964, è andato via dall’Italia 3-4 volte e ha vissuto in Toscana in tutto, “forse”, 22-23 anni
    “Io quando arrivato prima 1964 ma io andato via d’Italia per lavoro 3/4 volte”.
    L’avvocato Bevacqua prova a rifare il calcolo a mente solo che stavolta è un’equazione:

    (1995-1964) - y = x

    Posto che y sono le 3-4 volte di cui non si conosce la durata e posto che x sono 22-23 anni, da quanto tempo Bevilacqua è in Italia? Gli esperti della Settimana Enigmistica ci stanno lavorando da giorni ma ritengono che, con tutte queste variabili, non sia possibile arrivare a una soluzione corrispondente a un numero reale.

    L’avvocato Bevacqua si arrende alla matematica e cambia argomento. Scopre così che prima di lavorare nel Cimitero, Peppe era nella Polizia criminale. Ma anche in questo caso non dice quando.
    Bevacqua chiede se all’epoca aveva una pistola.
    “No, Sulimmani!”
    Tutta l’aula ride, tranne gli avvocati e noi che ormai ci siamo stancati di un testimone che non dice nulla di certo, che sfuma tutto con “forse” e non dà una data ferma. Non sappiamo nemmeno come si chiama, dov’è nato e quando era/non era in Italia.



    Il naso ha la calvizie

    L’avvocato è nervoso e, palla al piede, va in attacco. Contesta a Bevilacqua la dichiarazione in cui ricostruisce l’incontro col naso-coi-capelli con la casacca verde/marroni Forestale. E gli sciorina velocemente, senza alcun rispetto per la barriera linguistica e la sordità, un verbale dei Carabinieri che ho dovuto riascoltare due volte perché mi ero persa. Joe o’ Sordu invece segue alla perfezione, annuendo con suoni gutturali.

    Poi l’affondo dell’avvocato: nel verbale si legge che “al teste viene mostrata la foto del Pacciani”.

    Quindi non aveva riconosciuto il naso di Pietro tra 3/4 foto, no: gli inquirenti gli avevano fatto vedere direttamente la foto di Pietro. Bravo Bevacqua!
    “ Ma nessuno mi dette il nome del Pacciani” replica Peppe.
    Inizia una discussione che sembra uscita dalla commedia dell’equivoco, ma l’avvocato non demorde: nel verbale c’è scritto che gli inquirenti gli mostrano la foto del Pacciani e Bevilacqua riconosce “la fronte e il naso”. Il tempo e la repentinità della fuga del naso e della fronte non gli consentono “di essere più preciso”. Ma quando è stato preciso in questo processo? Mai.

    L’esame riprende dal giro con la Polizia per fotografare i luoghi degli avvistamenti dei francesi e del naso con la fronte e i capelli che indossava una casacca marroni/grigio/verde. L’avvocato legge speditamente il verbale assicurandosi che Bevilacqua capisca. E lui capisce tutto.
    L’obiettivo dell’avvocato è chiarire che Bevilacqua ha riconosciuto solo il naso e la fronte “con incipiente calvizie” che “gli ricordano qualcosa”. Visto a oltre dieci metri. Dopo dieci anni. Lo so, avvocà, solo per Canessa è normale.



    Fioravanti gentiluomo incompreso

    Ora tocca all’altro avvocato della difesa Pacciani, Fioravanti, che ha alzato timidamente la manina.

    Mentre Bevacqua ha parlato velocemente e con il linguaggio non semplice dei verbali, Fioravanti è un gentiluomo: si è reso conto dei problemi di udito e delle difficoltà linguistiche del teste e quindi ci va piano. Più lento di Canessa, quasi sillabando e accompagnando il tutto con la mimica dei gesti. Sulla pagina del Televideo hanno levato pure i sottotitoli per i non udenti.
    Qualcosa però va storto.

    “Mi scusi, - dice Fioravanti a un centimetro dal microfono e muovendo entrambe le mani come se stesse parlando a un bambino non scolarizzato o a Pacciani - volevo sapere se lei (pausa) pratico di cimiteri (pausa) ha visto quali sono le divise del cimietro di San Casciano, degli addetti del cimitero di San Casciano (pausa) che è vicino a Chiesanuova”.

    “Scusa, mi dice la domanda…” dice Peppe. Ma dai, ha capito anche Pacciani.
    “Lei è pratico dell’ambiente cimiteriale…” ricomincia ancora più lentamente Fioravanti.
    “Si”. Dio ti ringrazio, questa l’ha capita.
    Gasato, Fioravanti ci riprova, sempre adagio: “Mi potrebbe dire, era vicino a San Casciano, di che colore e di che tipo sono le divise degli addetti al cimitero di San Casciano?”
    La risposta: “Avvocato prima cosa il foto non è in colore…e le foglie... le cosi verdi...”. Alfrè, hai ragione, secondo me ha bevuto!
    “No, no, no non ci siamo capiti - puntualizza l’avvocato che ci riprova per la terza volta, adagio adagio con la mimica delle mani - Lei mi ha parlato che quell’uomo era in divisa, con una specie di divisa o Anas o guardiaboschi, una divisa verde, scuro, le divise degli addetti al cimitero di san Casciano, che ogni cimitero ha divise diverse…”. Si però anche tu, avvocà, parti bene e ti perdi nelle generalizzazioni.
    “No, ma cosa vuoi sapere del cimitero?”, ora è Peppe quello spazientito.
    “Voglio sapere se lei ha visto mai un becchino, un addetto al cimitero”
    “Si io si”. Peppe li vede tutti i giorni.
    “Ecco, quelli di San Casciano li ha mai visti lei?” torna all’attacco Fioravanti.
    “No”. No? Siamo sicuri?



    Pinocchio davanti al cimitero

    Fioravanti rinuncia, per fortuna il Presidente è rimasto col dubbio e chiede di che cazzo di colore sono queste divise degli addetti cimiteriali di San Casciano.
    Fioravanti rileva con soddisfazione che sono verde Forestale. Peppe direbbe marroni. Ma scopriamo un’altra cosa interessante: che il cimitero in questione (il Comune di San Casciano ne ha 14!) è quello “nel bivio tra Chiesanuova e San Casciano”, il bivio di “San Andrea”. E la cosa straordinaria è che Peppe lo conosce! Tanto bene da inserirlo nella mappa che disegna agli inquirenti. L’ho scoperta tra le pagine di questo forum e la trovate allegata sotto.

    Se guardate bene, proprio in corrispondenza della freccia che indica San Andrea c’è un piccolo rettangolino con una croce sopra. È la chiesa di Sant’Andrea con annesso cimitero comunale che è davanti alla chiesa e si affaccia sulla strada: impossibile quindi conoscere la chiesa senza conoscere il cimitero. Controllate su Google Maps.

    Bevilacqua passava in quel tratto di strada “spesso”, anzi “migliaia di volte”, osservava, tutti, turisti compresi, si fermava con la macchina per controllare le divise che conosceva “per lavoro”. Parole sue. Posto che il cimitero lo conosce perché ci passa davanti tutti i giorni, possibile che in dieci anni di lavoro in zona non abbia mai visto un addetto cimiteriale lì? Ma voi gli credete? Lo so che negare di conoscere un cimitero di per sè non è un reato ma lo diventa nel momento in cui si configura la falsa testimonianza dell’unico testimone oculare che inchioda Pacciani agli Scopeti.

    Anche per Alfredo Virgillito e le sue rivelazioni sulla strage di Piazza Fontana è importante sapere se Joseph Bevilacqua è un bugiardo patentato.

    Ps: nel verbale della mappa c’è scritto Giovanni Bevilacqua. Spero si tratti di errore del verbalizzante che ha tradotto Joe in Gio, quindi Giovanni. Non vorrei fosse l’ennesimo nome fornito. Manca solo Pinocchio: non è che il naso era il suo?



    Oltre la siepe

    Fioravanti passa ad esaminare le foto del luogo degli avvistamenti e rileva che la piazzola si trova più in alto di un metro e mezzo rispetto alla sede stradale e che, nel settembre 1985, era delimitata da una siepe che in parte copriva la visuale ai passanti. L’avvocato non capisce quindi come si possano vedere macchina con targa straniera, tenda, ragazza in bikini, testa di ragazzo semplicemente passando in auto e chiede a Bevilacqua se sia, per caso fermato.
    “ Ecco ma lei è sceso dalla macchina?”
    “Si, ma io passavo a piedi tante migliaia di volte” risponde incredibilmente Peppe. Fioravanti non coglie che ha detto “sì”.
    E va avanti a dire: “Si, no ma a me non mi interessano le migliaia a me mi interessano quei tre o quattro giorni prima dell’omicidio”. A noi interessano invece, avvocà ci interessano tanto. Ma chiedigli dove cazzo va a spasso invece di stare al cimitero.
    Fioravanti: “E lei in macchina si è fermato su quel luogo?”
    “No ma voleva fermarsi” ammette Pinocchio.
    “Ecco, lei ha visto una ragazza in bikini?”



    L’avvertimento

    Pinocchio si pente e confessa: “Sì, io voleva fermare per la sempli ragione, per dire zona pericoloso, c’era problemi di omicidio e invece io non l’ho fatto e forse sbagliato”.
    Facciamo un passo indietro. Poco fa ha detto di essersi preoccupato perché la coppia di turisti alla piazzola era in una zona scoperta. Vi ricordate? I fari delle auto potevano disturbarli nel sonno. Sembrava si volesse fermare per consigliare loro di spostarsi in una zona più riparata. Ora invece, sono in pericolo, rischiano l’omicidio. Io quest’uomo rinuncio a capirlo, dice niente e il suo contrario.
    Fioravanti sembra incuriosito dalla improvvisa preoccupazione di Bevilacqua.
    “Problemi di omicidio c’erano eh? E quanti omicidi ci sono stati nella zona?”
    Pinocchio ritratta: “Non lo so perché non ho seguito”. Ah, non ha seguito, esclamiamo io e Fioravanti all’unisono. E che gli dicevi ai turisti: attenti al lupo?
    Infatti Bevilacqua è costretto ad ammettere: “No, lo sapevo dei problemi perché c’era cartelli tutto lungo la strada che diceva zona del mostro e cose di quel genere, tanti cartelli”. Quindi mentre guida legge pure i cartelli e cose del genere. Ma quante cose fa mentre gira in auto?

    Dopo qualche minuto di discussione in cui non cava un ragno dal buco sulla visuale di Peppe e si ha l’impressione che il bikini l’abbia visto alla piazzola durante il secondo avvistamento, l’avvocato Fioravanti prova a fissare qualche punto e chiede: “Ecco, chi l’ha interrogata a lei?”
    “Non lo so neanche il nome, non ricordo. Uno di Firenze…”. La vaghezza delle risposte è impressionante, sembrano estratti dal manuale della perfetta spia. Come parlare lasciando intendere ma senza dir nulla di preciso e concreto.
    Fioravanti non si capacita: “La Polizia o i Carabinieri? Uno, due, dieci?”
    “Credo la Polizia”.
    A questo punto deve intervenire il Presidente della corte: “Avvocato, avvocato, non si agiti!”. Fioravà ti capisco, Peppe farebbe ammattire un santo.



    Altezza variabile

    Fioravanti si arrende. Sta per sedersi ma si rialza di scatto come se sulla sedia avesse trovato il dito di Pacciani. Vuole portare a casa una certezza quella sera.
    E visto che alla polizia ha detto che il naso con la fronte calva era alto più o meno come lui, gli chiede:
    “E lei quanto è alto?”
    “Forse sono un metro e ottantadue/ottantatre, non lo so”. Minchia, non sa nemmeno quanto è alto di preciso.
    Fioravanti chiede a questo punto se l’uomo visto nella stradina di via Faltignano fosse alto quanto lui.”
    Sì.
    Pacciani alto più di un metro e ottanta!



    Le recchie dei cani

    L’avvocato Bevacqua ha molti dubbi su questo ricanoscimento del Vampa. E spulciando gli atti trova una dichiarazione in cui Bevilacqua aveva detto di aver riconosciuto il naso di Pacciani su un giornale che un suo cognato gli aveva portato a Nettuno. Ben prima quindi di riconoscerlo tra le due-tre foto mostrategli dagli inquirenti.
    Peppe nega. Nessun giornale, anzi dice di essere stato lui a contattare i carabinieri subito dopo il massacro dei francesi. E come mai?
    “Sì, perché la sera che sono stati ammazzati i francesi - spiega Onlio- io ci ho due cani da guardia, io a quell’epoca abitavo più o meno fra i cento metri sotto il luogo dove sono stati ammazzati, i miei due cani, uno è campione di difesa d’Italia, volevano saltare la rete che è quasi due metri e mezzo d’altezza e non li lasciava andare, perché li cani con i recchi forse sentiva i francesi urlare e io osservava e metti i cani a catena perché teneva paura perché se attaccavano qualcuno (dentro un cimitero??). Dopo quando io ho sentito, la mattina, sulla radio in tutto della faccenda io volevo parlare con un poliziotto per spiegare che è possibile più o meno l’orario”.
    Ha dato due informazioni inedite: la prima è che sta a 100 metri dalla piazzola la sera del delitto quando le recchie dei suoi cani sentono qualcosa e abbaiano, tanto che lui la mattina dopo vuole andare alla Polizia. Pensate se tutti quelli che hanno un cane che abbaia di notte andassero dai carabinieri la mattina dopo. A dire che??

    “E c’è andato dai Carabinieri?” Chiede incredulo l’avvocato.
    “Sì”.
    Mah.

    La seconda cosa inedita è che la mattina dopo l’abbaiata sente la notizia dei francesi alla radio.



    L’amnesia di Peppe della Mirandola

    Bevacqua gli contesta il verbale in cui dice invece che un suo cognato gli ha portato La Nazione a Nettuno con articoli sull’omicidio dei francesi e la foto del Pacciani.

    Peppe conferma solo di avere un cognato, anzi 7-8. Neanche sul numero dei cognati è preciso. Roba da non credere.

    È il Pm Canessa stavolta a fare la domanda giusta:
    “I cani sentivano qualcosa. E lei ha detto: io poi andai dai Carabinieri l’indomani?
    “ Ho chiesto: quando veniva uno parlar con me?” svela.
    Ve lo immaginate: “Pronto carabinieri, ieri notte le recchie dei miei cani hanno sentito qualcosa. Puó venire qualcuno a parlare con me?”.
    Canessa chiede: “E sono venuti?”. Ma secondo te, Paolì? Si saranno fatti due risate su Onlio il matto.
    “No, andato io” dice infatti Peppe.
    E da quali carabinieri è andato? Lo chiede Canessa.
    “Io ho chiesto Carabinieri del Nettuno per chiamare Firenze e dire quello lì di Firenze“.

    Fermiamoci. Non ce la faccio più. Ma se stavi al cimitero dei Falciani, perché chiami Nettuno?

    Canessa non si pone la domanda (d’altronde uno ha fede nel Verbo di Katanga tante domande non se le fa) ma chiede quanti giorni dopo il fatto è successo, con chi ha parlato, quanti erano i carabinieri, i gradi che portavano, in che piano della caserma è stato sentito, se ha verbalizzato.
    Incredibilmente Peppe della Mirandola non ricorda nulla di preciso: giusto che è successo dopo l’omicidio, che erano di Borgo Ognissanto, erano due o tre, in borghese, non è sicuro di aver verbalizzato. Fosse passato in auto davanti alla caserma avrebbe memorizzato più dettagli....



    La Pole dopo la faccenda

    L’avvocato Bevacqua per fortuna ha seguito meglio di Canessa i brogliacci di questa testimonianza. E si chiede perché la mattina dopo che la recchie dei suoi cani hanno sentito qualcosa chiama i carabinieri di Nettuno visto che lui lavora ai Falciani. Sospetta che nella notte lui si sia trasferito da Firenze alla costa laziale.

    Bevacqua comincia così: “La sera che sente questi cani che abbaiano, lei era dentro o fuori il cimitero?”. Avvocà, t’è venuto il dubbio anche a te che era fuori dal cimitero, vero? Oltre la rete da cui sente i suoi cani abbaiare..
    “Dentro” assicura Pinocchio.
    “E la sera stessa se ne va a Nettuno lei?” Arriva al punto che gli interessa e Bevilacqua spiega che lui è andato via da Firenze nel 1989, a Nettuno appunto.
    “Ah quindi questa faccenda dei Carabinieri di Nettuno è dopo, nell’89?” Esclama l’avvocato.
    I carabinieri di Nettuno li chiama 4 anni dopo!
    Peppe conferma e dice di essersi rivolto subito ai carabinieri di San Casciano, 3-4 volte, ma senza risultato. La storia delle recchie dei suoi cani non interessava. Però c’è un passaggio interessante:
    “Quando ha parlato con i carabinieri?” chiede Bevacqua.
    “C’era Pole dopo la faccenda” risponde.
    Mi fermo perché questa è bella: sta dicendo, s’io ho le sue parole ben intese, che una di queste volte in cui parla con la Pole è sulla scena del delitto, durante i rilievi, “dopo la faccenda”. Tra poco, rispondendo alle domande finali, dirà infatti di essere passato da via Scopeti e di averla vista bloccata dalle forze dell’ordine che avevano scoperto l’orribile massacro dei francesi. Era sempre lì, su quella via diretto al bivio di Sant’Andrea. E, se è come sembra, si ferma a parlare con i carabinieri che stanno facendo i rilievi sulla piazzola e che non verbalizzano la storia delle recchie dei cani.



    TeleMike

    Bevacqua prova a tirare le fila della storia. Povero avvocato, non fa che tirare su nuovi nodi. Vuole sapere qualcosa di più preciso (illuso!) su questa testimonianza rilasciata ai Carabinieri di Nettuno: quando l’ha fatta e cosa ha detto.
    Sui dettagli Peppe conferma quelli riportati nei verbali letti dallo stesso Bevacqua oltre al dettaglio delle recchie dei cani.
    Sul riferimento temporale di questa testimonianza, di cui non esiste verbale nè alcuna prova, Bevacqua sa già che non avrà una data certa e fa come Mike Bongiorno:
    “‘90, ‘91 o ‘92”? La busta 1, la 2 o la 3?
    La risposta la usano come esempio da manuale al corso per direttore della CIA:
    “‘90-‘91 penso”.
    Cioè ha scelto la busta 1 e la 2 ma potrebbe anche essere la 3! Allegria!



    La mattina dopo

    Il Presidente della Corte invita a chiudere e anche io non ne posso più dello strazio.
    L’avvocato Fioravanti è uno paziente ma vuole un cazzo di riferimento temporale certo.
    Bevilacqua dice che la sera del delitto (che lui non dirà mai quale essere) ha sentito i cani abbaiare e la mattina dopo ha sentito la notizia alla radio, prima di riferire l’incredibile storia delle recchie ai Carabinieri di San Casciano. La cosa strana qual è? Che i corpi vengono scoperti da un fungaiolo alle 14 di lunedì 9 settembre, quindi Bevilacqua può aver sentito la notizia alla radio e aver chiamato i carabinieri solo la mattina di martedì per riferire che la sera prima (lunedì) i suoi cani avevano abbaiato proprio nell’angolo della rete a 100 metri dalla piazzola degli Scopeti. O non avevano abbaiato la notte del delitto o Peppe/Pinocchio mente sul resto. Spudoratamente. Scelgo la busta 2!

    Fioravanti ci prova a venire fuori da questa pazzesca incongruenza e arriva a dargli manforte anche l’avvocato Santoni di parte civile. Anche lui vuole provare a capire l’incomprensibile.

    Ma niente. Non se ne esce. Bevilacqua conferma la successione degli eventi: la sera i cani abbaiano dalle 23 alle 2 di mattina (3 ore!), la mattina si sveglia come sempre alle 6.30 per andare al lavoro (poi aggiunge “Poteva esse mattina, poteva esse un po’ più tardi perché non guarda orologio ogni volta”), accende la radio, sente la notizia, va al bar a prendere un caffè e vede via Scopeti chiusa (per via dell’omicidio scoperto). E, se vogliamo riprendere la ricostruzione fatta all’avvocato Bevacqua, si ferma con le forze dell’ordine per dire che i suoi cani hanno abbaiato. Se fosse vero, questo sarebbe potuto succedere solo dì martedì. Se.


    Il Mini-Me

    L’avvocato di parte civile Colao vuole fare una domanda sull’altezza. E io lo amerò sempre per questo. Non gli è sfuggito infatti che il testimone, alto un metro e 82-83 cm, dice che la casacca col naso e la fronte era alta quanto lui. Ma Pacciani non è mica alto così, sarà 1 metro e 70 al massimo.

    Il Presidente non ce la fa più di sentire la storia delle recchie dei cani e teme si torni a discutere del naso-con-la-fronte. Taglia la testa al toro e fa una cosa strepitosa: fa alzare Pacciani e Bevilacqua per un confronto. Ne succedono delle belle.

    Quando Pietro e Peppe sono davanti al giudice tutti restano a bocca aperta: sono identici. Apparte l’evidente differenza di altezza hanno la stessa corporatura, la stessa forma della testa, lo stesso naso, la stessa attaccatura dei capelli. È come se Pacciani fosse il Mini-Me di Bevilacqua, o Bevilacqua il sarcofago egizio di Pacciani, a sua immagine e somiglianza.
    “Si assomigliano pure, Presidente” nota subito l’avvocato Bevacqua.
    “Un po’ effettivamente” ammette il Presidente che già aveva notato nei due la stessa attaccatura dei capelli.
    “Molto Presidente!” insiste Bevacqua.

    Intanto i due cloni parlano tra loro. Si sente un Giuda di Pacciani e Bevilacqua che replica qualcosa di indistinto.

    Davanti a quella somiglianza strabiliante l’avvocato Bevacqua si lascia sfuggire una considerazione che sarebbe diventata leggenda se non fosse stata registrata dai microfoni in aula:
    “Fosse lui il mostro!”.

    Avvocà, non so che dire. Lo sai che anch’io sospetto che quel naso-coi-capelli Bevilacqua l’abbia visto allo specchio?

    Alfrè, forse il Ministero degli Esteri ha ragione: l’agente Joe può essere solo lui.


    Edited by JimMorrison84 - 13/11/2021, 00:14
435 replies since 7/1/2012
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